martedì 29 maggio 2007

Legge??


Aveva creduto nei più fessi comandamenti.

Per anni lo avevano abbindolato con sciocchi insegnamenti cristiani pseudomoralizzanti.

Lo avevano addestrato a subire, e bene.

"Chi più soffre più avrà in cielo" e altre amenità simili.

Con rabbia e con gusto, proprio, si era liberato da tutte quelle catene, scovando nelle altre dottrine condannate e vilipendiate la forza e il coraggio d'accettare l'inutilità dell'esistere.

Le sue barbarie.

La civiltà civilmente civile.

La legge.

All'apperenza era un individuo.

Soltanto un individuo senza alcuna importanza collettiva.

Un po'strampalato, forse.

Innocuo.

Un bambinone.

Agli occhi dei poveri illusi comandati subenti e civili.

Poveri illusi!

Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, in qualsiasi istante.

Col suo pessimo carattere, un nulla lo mandava in bestia.

Un capriccio.

Se solo avesse saputo con chi aveva a che fare, non si sarebbe certamente permesso certe libertà.

Ma non lo sapeva, poverino.

Con un occhiata, un solo pensiero, tutti i demoni che da anni lo invadevano vennero allo scoperto gridando sangue.

"Legge: dovresti ringraziare che ne esiste una".

Fu tutto ciò che disse prima di venire con grazia trucidato.

lunedì 28 maggio 2007

Trombamico.

Stamattina mi son svegliato con questa bella parolina in testa.
Me la giro e me la rigiro, e alla fine mi sta anche simpatica, convinto più che mai che sia un concetto bizzarro inventato sul momento.
Penso: magari ci scrivo qualcosa.
Di divertente, massì.
Per puro scrupolo, dacchè odio copiare, clicco la suddetta sul motore di ricerca e..ohhhh!!

Stupore!Meraviglia!

Ero uno degli ultimi seimiliardesi di questo mondo a non conoscere questo curioso essere-concetto-sentimento-ideale-way of life eccetera.
E ne scopro di tutto e di più!

Definizione tratta da fonte autorevole:

Il trombamico è colui che si chiama per soddisfare le proprie voglie sessuali e basta! Col trombamico non si esce al cinema, lui non ti porta a cena fuori, lui non sa praticamente quasi niente della tua vita non fa parte della tua cerchia d’amici lui è solo colui che ti tromba ed è estraneo ad altri fatti. Il rapporto è paritario, nel senso che si tratta di due single che reciprocamente l’uno dall’altro non cercano niente in piu se non la semplice soddisfazione sessuale… che però detta cosi sembra un uso reciproco, invece è un amicizia di letto, una scopamicizia! Una di quelle che è fatta di telefonate veloci della serie “ ciao sono io come va? Ci vediamo stasera? Facciamo da me o da te?” stop, senza complicazioni sentimentali, stress quotidiani, senza attese inutili di sms della buonanotte, senza presentazioni ai genitori o gelosie da parte di entrambi. Le scopamicizie sono cosi, e finiscono quando uno dei due si fidanza..e non è escluso che nell’ambito della scopamicizia un dei due o anche entrambi si possano innamorare..d’altronde da cosa nasce cosa.. è proprio per questo che è consigliabile non oltrepassare quel limite di amicizia ma mantenersi sempre un po riservati col trombamico.. non è quel ragazzo che presenti alle amiche, che vedi ogni giorno,lui sa poco di te e tu sai poco di lui e sopratutto vi raccontate solo cose piacevoli tra di voi perche da una scopamicizia si cerca anche e sopratutto un rifugio dallo stress quotidiano un'ora di relax solo per te .. lui dev’essere solo un amico di letto dal quale non si pretende piu che una gran bella scopata.



Trombamico: che bella invenzione.

domenica 27 maggio 2007

Andrea 8emezza.


Si alzò, lasciò il bicchiere di Branca Menta sul tavolino, e prese a girare intorno a casa cercando qualcosa da fare, con ostinazione.
Certe sere bastava una telefonata, una corsa veloce nella notte a schiacciare coi fari le ombre degli alberi, un'osteria lontana su cui battere pugni e gridare forte, una donna da conoscere.
In quelle notti, tante, tutte e tutti, imparammo cosa voleva dire essere uomini, cosa un'emozione cercata, cosa l'audacia.
E tornati a casa, si assaporava la pace e il cuore che batteva forte per il bere e un sorriso che pareva tutta la Terra Promessa.
Un'inquietudine serena lo turbava beffarda e complice, sotto quella glicine antica.
Da quanto tempo non aspettava più qualcuno così?
Da quanto non era geloso?
Lui, che pure avrebbe potuto infischiarsene moltissimo di tutta la faccenda.
Lui, che tante cercavano e ora era lì, nervoso, ad ordinare l'ordine.
E tutte le storie passate, le sbornie, le notti con Luciano e gli altri e i debiti fatti, tanti, tutto quello sembrava ora un sogno o una favola di tempi andati che si ricordano ogni tanto, di sfuggita.
Ripensò alle donne amate, all'ultima che pure aveva amato, fesso lui, per cui tante notti era stato sveglio e attento ai rumori, agli scricchiolii, contando le ore al campanile vicino.
E le sere da lei, su quella collina in cui tutti hanno occhi, lo sguardo preoccupato della madre e certi nostri silenzi sulla riva delle rane, tutto quello e molto altro lo avevano fatto crescere forte, velocemente e con malizie.
Perchè non vale a nulla essere uomini se non avete storie da raccontare, avventure, disgrazie d'amore o un avvenimento sempre a mano.
Intanto la notte bagnava d'umido l'erba fuori e le stelle in cielo cominciavano a gridare il suo ritardo.
"Che diavolo.Mai che una possa essere in orario.Donne."
" Sempre in ritardo."
"Già.Anche madre faceva così?"
"Donne."



Nel buio della notte, sotto gli alberi in verde, cerchi il mio perdono e lo trovi benissimo, anche se sono le nove e mezza ed è un'ora buona che ti aspetto.
"Domani.Mh, domani."
"Domani che?"


"Domani amerò ancora te.".

martedì 22 maggio 2007

Paracarro.


Cominciò a lavorarmi che ci eravamo appena salutati, con quei suoi occhi intriganti e da gatta.

E io me la bevevo con gli occhi, povero fesso.

Non ci mise un granchè a stupirmi col suo turbinare di sorrisi, il suo tempestare di domande e domandine più o meno insolenti, sempre divertenti.

In poche parole mi ritrovai innamorato e inoffensivo a passeggiare sotto la pioggia.

A bere vino scurissimo nei boschi, circondato da candele e a godere della fine del giorno, della notte complice che ci avvolse come un abito nuovo, confondendoci tra le fronde dei castagni.

E per lei arrivai a dire e fare cose infattibili e indicibili.

La amai, fortemente la amai.

Un terrore terribile m'avrebbe avviluppato se fosse scappata.

Fesso.

E fottuto, tanto anche.

Ora che il suo capriccio è passato, ora che è rientrata dalla deviazione della sua Autostrada, nulla resta.

Se non io, paracarro ussaro a quel chilometro che fummo noi, per cinque minuti.

lunedì 21 maggio 2007

domenica 20 maggio 2007

Lacrime di ricino.


Ecco che qualcuno penserà subito a un post politico e fazioso, lo so già.

Nostalgico,magari.

Questo si.

Perchè davvero non posso togliermi dalle nari quel profumo inebriante che sprigiona dagli scarichi delle moto del passato.

Moto da corsa.

Moto rumorose.

Moto bellissime, scintillanti e non.

Scarichi liberissimi e megafonati.

Piloti arzilli, dall'estro di un tempo e...con qualche acciacco.

Per un giorno, gli anni si annullano e tutto ritorna a un tempo passato, in cui le persone e i motori avevano un'anima.

In cui ognuno metteva del suo, senza tanti sponsor e globalizzazioni.

Motori monoalbero, bialbero, trialbero desmo, valvole radiali e a camme facciali.

E dovete vedere la faccia di chi vi indovina appassionato e non la smette più di parlarvi di Lei, della sua creatura, della sua unicità e della sua perfezione,moglie sulla sedia all'ombra ingrugnita.

E tutti amici e chi si ferma non serve manco chiedere, è ovvio che ti do una spinta, un consiglio, se serve.

Questi motori mi entrano dentro, ogni volta di più.

Il loro suono mi inebria, mi confonde, mi ubriaca, mi commuove fino alle lacrime.

E non per modo di dire.

Così tanto che, a volte, a chi mi chiede il perchè delle mie lacrimucce, dico allergia al ricino.

Ridendo.


giovedì 17 maggio 2007

A un passo da.


E c' è questo pezzo di malinconia, che non si stacca.

E ci sono cumuli di ricordini.

E c'è quel libro.

E ci siamo noi?

E ce ne sarebbe stato ancora da dire.

E non ho capito un cazzo, nulla.

E sto mica bene, l'indefinito non aiuta.

E spero che tu legga.

Eh, spero proprio.

Quod enim?


E c' è sempre la questione sull'esistere, per carità.

Ma formulata da te, con quella grazia e quel nonsochè di ingenuamente turbante, tutto prende un'altra piega.

Perchè bastò davvero poco certe sere per essere a posto col mondo: un prato, delle candele, un buon Barolino e quelle nostre occhiate golose.

Dicevamo sull'esistere, ma quegli occhi, Gesù!, quella bocca: come si fa a parlare di oggetto "in sè "e "per sè"?

Come posso nausearmi fino a fondo?

Benissimo, per un po' di tempo ne farò volentieri a meno

domenica 6 maggio 2007

Magari, chissà.


Magari un giorno ricorderemo con nostalgia quella passeggiata sotto la pioggia e quei posti a un tiro di bicicletta che manco conoscevi.
Magari chiacchereremo in automobile, ancora.
Magari un giorno vorrai sapere qualcosa di me e , con calma, ti racconterò i percome e perchè.
Magari faremo un viaggio, ai laghi o al mare.
Magari una volta rideremo , di gusto.
Magari piangeremo, insieme.
Magari un giorno ci saluteremo innamorati .
Magari un giorno ci saluteremo e basta.
Magari pensi che sia matto.
Magari, chissà.

In corso di completamento.


Quasi chiesto

quasi un tempo

quasi me stesso

quasi felice?

Giù la maschera!!!


Una donna piange sconsolata:ha capito d'aver sbagliato.

Tutto sbagliato!!

Casa marito lavoro figli:


TUTTO!!!


Ah ah ah ah!!!!


Una donna piange e si dispera,capendo d' aver sbagliato tutto.

Manco io.

Mondi scontrati (finalmente?).

Dilata il tempo e fissa.

Sconosciuti al corto trotto.

Non ci si può nascondere!!!


Non sorridi più??


Manco io.

Inutile, si esiste.


Blu, il cielo è blu.


Nascita.


Blu, il cielo è blu.


Vita.



Blu, il cielo è blu.



Morte.



..e il cielo è sempre più blu...........

Silenziosamente ti mando a cagare.

.



"Quoi de plus complet que le silence ?




"[Honoré de Balzac]

Passo d 'addio.

Dal fondo il meglio:

l'errore il gesto più eroico!

Genio precoce???

Sicuramente altri lidi.


Godetevela..

Come sempre accade.

Ti ho scorta l'altra sera, in centro.

Passeggiavi con fare sicuro ostentando attenzione.

Mi hai visto.

Ti ho vista.

Hai visto lei.

Chissà cosa hai pensato.

Calice amara.


La Vostra fonte ha colmato il calice:

non credevi che il gioco non fosse leggero, vero?

Comoda, bambina.

Tutto può rompersi.

Il tuo nichilismo non reggerà.

Mai più.

P.A.

Mare.
Giorno Libero.
Ore molto Nostre.
Sabbia salame tuma vinello.
Grottarellando.
L'insegna ci Insegna.

..qualla questione sull'esistere...

.. tante cose, quella questione continua sull'Esistere.....ecco..amici che amici non sono e con il sorrisetto di chi so tutto io liquidano argomenti importanti e chiudono discorsi credendo di saperla più lunga eccome, parlando di banalità e guardandoti come un cretino...Esistenza.....si..la questione sull'Esistere ma.....un discreto affare che se tutto va in porto mi frutterà qualche soldino, e il lavoro, si, il lavoro che dovrebbero cercarmi... o telefono io...esistere..e oggi devo fare.....la questione sull'Esistere..mhh....già quella Tesina che è tanto tempo che non riguardo e devo assolutmente parlarne col professore, siamo già in ritardo....il telefono ..ma certo amore sono libero...la faccenda sull'Esistere...dimmi..hai litigato coi tuoi...ma cosa mi dici..stasera..ma certo...stasera.....intanto..faccenda sull'Esistere...la sera impegnata...meno male...no..peggio...telefonare..disdire..comprare qualcosa...farlafinita?.......no non sto così male..ma...sempre questione sull'Esistere..incomprensione generale e starnazzo pubblico..genitori gementi...amici dementi..amante..amante...no..la Questione sull'Esistere..si quella..oh... un po'di tempo..dunque: la Questione è che esistendo, noi..driin...maledizione..no..non ci sono..si..allora vieni..dicevo..noi esistiamo..la Questione sull'Esistere...ma certo...faccio tutto io..non preoccuparti..allora ciao..fretta..si molta..Esistere!...Questione irrisolta in corso...cielo..tardissimo..appuntamento..fiori..ritardo..broncio..ma sai..la Questione sull'Esistere...non voglio scuse..ma amore..capisci anche te che...la prossima volta..si..prossimamente la prossima volta..
..intanto si Esiste e la Questione è che..le motivazioni??

Perdio, no?non essere così basso e bieco..la Questione è che...motivi..nessun motivo.....

...ahahahahahhahahahahahahhahaha!.. tu..non...io..si..certo...mi sembra ..la Questione..sull esistere..un altro modo..no..nessun altro modo..

Pasqua, lassù.


Oggi deve essere una giornata come un anno fa, lassù.
Cielo mediamente terso e lindo, gente benevestita e benallegra, vociare festante davanti alla scala della chiesa.
Tutti si complimentano e si augurano non sanno nemmeno loro cosa.
La tradizione lo impone.
Celebrano la risurrezione dell'Agnello di Dio, ma poi lo squartano con barbaro metodo e antica maestria e se lo magnano a pranzo, sempre festosi.
Strane usanze, ma nessuno si chiede perchè.
La tradizione lo impone.
Poi andranno un po' appesantiti a coricarsi o a scambiarsi gli auguri in qualche fiera di strapaese, dove tuttto saprà d'allegria.
Ogni tanto ci vuole.
La tradizione lo impone.Infine, satolli ed ebbri di questa gioia che nessuno sa bene perchè ci sia stata, andranno a coricarsi, pregando ancora una volta l Agnello.
Sperando di assimilarlo durante la notte.
La digestione lo impone.

Fetta d' Addio.

Una torta, noi qualche sera fa.
Un cartone dorato quasi vuoto.
Le briciole, noi ora.
Ultima fetta, dolcezza d'amaro in bocca.

InGABBIAti??


Non si può sempre essere allegri.
A posto.
Eleganti.
Sorridenti.
Come se tutto andasse bene perchè ovviamente tutto va bene oggidì.
Ci rendiamo conto che questa società sta abolendo il diritto di star male?
Di non essere belli in forma in salute e sempre giovani ventenni?
Dove lo spazio per il dolore?
Il rispetto e la venerazione per l'anziano, il suo sapere?
Tolleranza non solo per le diverse culture-che va di moda- ma per chi non ci sta, non può starci, e deve per forza se no sono tutti cazzi suoi.
Per non parlare di chi si permette di pensare con la sua testa e di non seguire l'andazzo.
Povero lui.
Sono stufo delle vite sprecate per la carriera, di vedere e sentire gente che arriva a cinquanta anni e scopre di non avere vissuto da trenta, delle nevrosi d'angoscia curate con pastigliette a manetta invece di una bella gita o una chiaccherata.
Siamo spesso ingabbiati in dinamiche che ci paiono ovvie ma ovvie non sono.
Come il diritto sacrosanto di fare bisogni a scuola: perche diavolo per vent anni ho dovuto chiedere permesso di fare ciò che è ovvio debba fare, senza dar noia a nessuno?
Perchè sul lavoro si deve sempre essere sorridenti?
Perchè il tipo vestito di bianco a Roma dice che la vita è sempre una cosa meravigliosa?
Perchè i film decenti sono sempre solo dopo le 11 di sera?Cazzo me ne fotte di cosa fanno degli idioti che non sanno parlare rinchiusi-per finta-in una casa o su un'isola?
Come questa mille altre cose.

Rendiamocene conto.
Stacchiamo, non solo ogni tanto.
Pensiamo, sempre.
Costa caro, ma ne vale la spesa.
Usciamo dalla gabbia.

Banalità??

Nella mia attività di rovistatore del passato, m'imbatto sempre in tante fotografie.
Tempi passati, tempi belli, tempi brutti, tempi di carestia, di guerra, di rinascita.
Una cosa mi ha sempre colpito, di queste immagini.
I sorrisi.
Sissignori.
Guardate che bei sorrisi aveva la gente dei tempi"sistavameglioquandosistavapeggio".
Oggi la crapulenta e opulenta gioventù sforna più sorrisi così carichi e autentici?
O sorride alla macchina fotografica-digitale ultimomodello20000000pixelll-solo per dovere, necessità?
Tutto questo Tutto ha poi portato Felicità?
Non so.Troppe risposte mi verrebbe da dare.
Tutte facilemente accusabili di dozzinalità e faciloneria.
Ognuno si risponda.
E cerchi di sorridere, una volta ogni tanto, non alla cretina soap opera soporifera.
Ma a un fiore appena sbocciato, alla Primavera che torna, alla Pace e alla Libertà in cui magari viviamo da quando siam nati e manco ce ne rendiamo conto.

Cose banali?

Benvenuta Primavera.,

Un sorriso inaspettato.
Uno sguardo fugace, poi l'angolo.
L'amore va e torna, a volte.
Benvenuta Primavera.

Gitarella con...

Questa è una comunicazione di servizio.
A D.D.D., magari verso fine Marzo, organizzerò una gitarella in campagna rigorosamente con bici a bacchetta.
Non più di 10 chilometri.
Non tutti sono abituati.
A metà, o dove decideremo, si farà un pic nic sinoiro con pane salame e vinello.
Le bici le metto io, il cibo pure.
Voi mettetevi solo.
Segnatevi sui commenti.
Invito a tutti, conosciuti e non.
Anzi.
Benvengano emeriti sconosciuti.
Ladri di biciclette esclusi.

Ciclobacchettiamo..


L'altra settimana discutevo col mio amico Pietro sull'inquinamento e sulle cause e su come si può fare a combatterlo e altre cose del genere.
Ognuno ha i suoi sistemi, piccoli o grandi che siano.
Chi usa il treno.
Chi spegne le luci quando non serve e consuma meno.
Chi spegne il motore ai semafori.
Già qualcosa.
Oppure chi va a piedi.
O in bici.
Eccoci al punto.
Come qualcuno sa sono restauratore di motociclette, ma quasi nessuno sa che restauro anche biciclette.
Spesso sarebbe meglio dire resuscito.
Epperò quando sono a posto filano come treni, sono scorrevoli e ci si prende un piacere a usarle.
Guardatevi il mio link Ciclobacchetta, ci sono delle belle vecchie glorie.
Ora, non pretendo che tutti si mettano a restaurare bici antiche e si facciano i polmoni salendo sulla collina senza cambio con 25 chilogrammi di ferro sotto il sedere.
Diocenescampieliberi.
Ma tutti abbiamo una bici.
Tiriamola fuori sta benedetta due ruote.
Una bella gonfiata alle gomme, una ripulita, un goccio d'olio alla catena e via.I
n culo al traffico e all'inquinamento e alle guerre per il petrolio.
E alle claustrofobiche sardomobili, impacchettate nel traffico come in tanti scaffali.
Usciamo dalle scatolette, ciclobacchettiamo.

Nulla di qualcosa?

.







































Alle elementari a volte davano temi dal titolo: "Hai davanti a te una pagina bianca, riempila come meglio credi".
E io a volte ci disegnavo.
Questo spazio sopra non è solo bianco, vuoto.
Guardate bene.
Potreste vedere i sorrisi della donna che amo, ma anche di quella che amate voi, o che vorreste amare.
Oppure il calore di un abbraccio.
L'urlo silenzioso di un'ingiustizia che non si può nè dire nè scrivere.
Le lacrime di un addio.
Di un amore appena nato.Questo spazio è anche per voi.
Ora che avete letto, cliccate e andate sopra.
Fermatevi.
Qualcosa, di mio o di vostro, vi sta correndo incontro

Silenzio, ascoltiamoci

Stradine tortuose, umido.
Il crepito dei passi, lenti, cadenzati.
Le nostre occhiate, rade e golose, quel sorriso malinconico, voce narrante del tuo silenzio.
Rami secchi al buio, un auto che si perde nella corsa giù in pianura, la fragranza della nebbia della tarda notte.
Non di sole parole si ama.

Qualcosa di nulla.

Stamattina pensavo a quante cose potrei e vorrei scrivere.
Ad esempio della bella giornata di ieri che sembrava di essere al mare, con la terra che mandava profumi e gli animali a prendere il sole nel pratino.
O della mia Monellaccia, che si è fatta sentire per tutta Bra, giusto per farsi ricordare.
Oppure del mio amico Bernardo, della chiaccherata sul selciato del cortile, come era da troppo che non capitava.
Sulla faccenda dell'esistere, della sua gratuità.
Sulla litigata furiosa con Mario e i suoi dannati dogmi.
Su come sia difficile trovare un lavoro, anzi impossibile e quasi che scriverei una lettera a chi so io, sissignore, un cicchetto da levare il fiato.
Sul gusto della grappa di Barolo invecchiata in botti di rovere, che a berla ti senti vivo, davvero.
O a lei che ieri mi ha scombussolato tutto il sistema cardiocircolatorio, per com'era bella.
Che per tutta risposta si è messa a ridere e baciarmi e scherzare e di nuovo...
Alla fretta di ieri sera, la notte e la collina che diventa lontana, poi di nuovo vicina, come amante tenera, come amica complice.
Come volete che faccia a scrivere qualcosa con un guazzabuglio simile?
Ebbene, tanto peggio, non lo farò.

da:"Un motivo per continuare"

Da "Un motivo per continuare"
La sera iniziava a tingere di fuoco le onde del mare, un'arietta calda e sensuale gli accarezzava ora il viso.
Pensava a Maria, a Nora, a sua madre, a tutte le fottutissime donne che lo avevano accompagnato, sopportato, fatto imbestialire, eccitare, sognare.
Camminando sul lungomare sentiva piena e amica la tasca dei pantaloni.
Soldi, una mazzetta come era un po'che non si sentiva addosso.
Monsiù era stato di parola, sentiva di potersi fidare, di sicuro molto più di Don Nicò.
Fottuto pure lui.
"Fottuto!" volle urlare al mare, alle pietre, al sole che stava morendo, alla sera calda, ancora, che nasceva.
Erano quelli i momenti in cui la maschera di uomo solido, impenetrabile e duro lasciava per qualche minuto la possibilità ad una lacrima, a una malinconia.
Nemmeno Acciuga lo capiva, non fino in fondo.
Perchè aveva lasciato tutto e tutti?Perchè dovunque fosse faceva di tutto per non amare, legarsi, abbandonarsi?
Sapeva di Nora, del suo sguardo maliardo.
Due chilometri.
Due chilometri e sarebbe stata sua.
Subito.
Senza far troppe parole.
Donna per lui poteva essere.
Bella forte sensuale e in gamba.
Per qualche tempo restò seduto sullo scoglio, il mare sotto i piedi, le lacrime sul suo viso.
Non si accorgeva del sole ormai spirato e della flebile luce del faro in lontananza.
Per molte ore rimase immobile senza più domandare ciò che non avrebbe saputo rispondere.
"Che diavolo!" sussurrò nel vento.
Come un richiamo, corse la spiaggia e scavalcò il parapetto, inforcando la bici con veemenza.
Pedalava curvo come un Bartali verso la salita, superando trattorie, Chiesa e notte.
La sua casa era in cima a una collinetta, oltre un tornante tra gli alberi che il primo autunno già tingeva e diradava, lasciando foglie sul selciatino di fronte.
La labile luce del lampione illuminava appena la persiana verde, da cui trapelava, invitante, un lampo forte.
Entrando nel vialetto scampanellò un paio di volte, con energia e gusto, proprio.
Un cigolìo ruppe il buio, mettendo una nota d'allegria al cortile tetro.B
Buona risposta sarebbe stata lo sguardo di lei, felino.
Di certo, fino al nuovo sole.

Neve sporca.

Ci siamo arrampicati, tra i rami secchi e la neve sporca, a mucchi.
Ricordi?
Con il cane siamo arrivati, fin lassù.
Eri sudata, ansimante, ma felice.
Uno degli ultimi tuoi sorrisi.
So che non lo perderò.

E allora, e allora, Maestro?

Scorbutico.
Bisbetico.
Tremendamente lunatico.
Può cacciarti per una parola sbagliata.
Non ho ancora capito bene perchè mi abbia accettato.
Forse è questo amore per le moto della sua epoca.
La mia pazienza.
Di sicuro sono un privilegiato.
Se oggi so fare qualcosa su un motore lo devo a lui.
Sembra ieri che ero gagno e lo guardavo con stupore mentre armeggiava e mi rimetteva in moto un motore che mai più avrei sperato.
In cinque minuti.
"Dagli pure un calcio.Aposto. Aposto.Niente è, niente è.." mentre si girava pulendosi le mani.
Mai successo che abbia fallito.
E cogli anni sono venute le moto, i pomeriggi da lui, che ho imparato a conoscere e capire.
Perchè non sempre è ora da Bernardo.
Certe volte meglio sparire.
Altre non si va più via.
E viene fuori la Bra degli anni 50, la sua Bra fatta di Maestri, Generali d' Armata,feste con ballo serali a cui si andava col Motom o con l'Isomoto, "..che moto era l'Iso, Dio Fausto Coppi che moto....", di biciclette antichissime che io adoro, fatte con cura e maestria.
Ogni tanto arriva anche Mighè il muratore o Talìn della Motta e via coi ricordi, mentre lui continua a mettere ordine, anche se dubito finirà mai.
Oppure quando arriva qualche amico per farsi aggiustare la bici, eccolo alzarsi dal tavolo con giornale di due tre mesi fa e, guardando in basso la bici, apostrofare sempre, tutti:"E allora, e allora, Maestro, che diavolo?"
I pomeriggi diventano presto sere, in quel cortile, ad ascoltare, guardare, imparare.
Molto mi ha insegnato, molto gli devo.
Non glielo dirò mai, ma io gli voglio bene.

Have a nice trip, my friend.

Lo vedo da come mi guardi.
Da come urli rabbiosa l'ultima potenza che ti si concede di esprimere.
Lo sai anche te che sarà il tuo ultimo viaggio.
Ne abbiamo fatte di cose insieme.
Curve pazze quelle notti su dal Bernino.
Per andare da lei, che ti chiamava la Golfo.
I mari le montagne che abbiamo condiviso.
E le moto che non ho caricato su di te.
Una volta pure una da Cross, e tutte le volte che ti ho fatto una riga, un graffio, non ti sei mai lamentata.
Anzi sorridevi con me, complice, quando alle Mostre mi vedevi arrivare con quei pugni di ruggine che chissà come facciamo a portarlo a casa.
Non ti consola sapere che d'ora in poi potrai riposarti.Lo sai già che sono balle, che presto non esisterai più.
Me lo urli nell' ultimo rettilineo quando, una volta ancora, lascio gridare il ferro che s'è fatto vita.
Scendendo, voglio pensare che è solo un ciclo.
Che ciò che ti compone verrà riutilizzato.
Meglio ancora, stavolta.
Che tra qualche anno parte di te comporrà magari una bella sportiva.
Rossa e veloce.
Che rivedrai la strada.
Che farai di nuovo felice chi ti avrà.
Tempo di salutarci.
Non visto dal demolitore, ti do un buffetto sul cofano.
Non penso che capirebbe quell'arrivederci che ti sussuro, non voltandomi.

Un secolo fa, circa.

Un giro inaspettato in Torino, una piazza parigina, isola nel cemento.
Una panca.
Di pietra.
Quella panca.
Tutto si ferma.
Torna indietro.
A quella primavera fresca di un secolo fa, o giù di lì, quando uscimmo imbarazzati dall'università e nemmeno ci guardammo negli occhi passeggiando senza una meta.
Non una parola.
Sentivamo imminente quell'evento che volenti o nolenti tra poco saremmo stati noi.
Faceva un freddo cane e tu, vanitosa, non ti eri vestita abbastanza.
Fu tutto ciò che ti dissi prima di baciarti.

Più che un numero...

Soltanto due individui.Solo due giovani senza alcuna importanza collettiva come io e te potevano essere su quella spiaggia proprio quella notte in cui tutti erano in debiti di compagnie.
Ne abbiamo parlato, mentre accendevamo il fuoco vicino allo sciabordare delle onde e guizzi di luce balenavano mandando lampi sulle pietre.
I nostri sguardi avidi di risposte e generosi di parole, ancora una volta.
Entrambi al posto giusto e al momento giusto.
Piena consapevolezza.
E, insieme al vino alla bottiglia e alle salsicce mezze abbrustolite e mezze crude, ci siamo inebriati della nostra presenza, le rade risate e i respiri forti che valgono oro, sapendoci noi ascoltare.
Le nostre angosce.
La Nausea che tu non hai mai capito.
Le folate di vento, le onde e i dannati petardini in lontananza sono un rumore troppo forte per chi ha sempre nelle orecchie il tumulto della battaglia .
Non siamo melensi.Una gratuità a noi ignota.
Non c'importa granchè che questo pezzo del cammino lo chiamino 2007 o Marcaurelio.
Della gente sta facendo festa, si sta divertendo, ride con compulsione, quasi tutti senza un motivo, se glielo si chiedesse.
Solo un cambio di nome.
Un numero diverso.
Ci guardiamo, ancora.
Per noi, qualcosa più di un numero.
Finalmente.

Da:"Un motivo per continuare"

La strada correva su per la collina con anse e tornanti, ogni due curve il paesaggio diveniva più sfumato e le luci di Savona puntolini luminescenti.Una bella Vespa, o anche solo il Mosquito, sarebbero stati cosa Dio fece, quelle notti.Ma oltre che per i soldi, non si poteva per il rumore."Una bici costa meno e non la sente nessuno" sentenziava Acciuga.Ripensava alla faccenda del giorno prima, alla discussione con Acciuga sul vivere, sulla libertà, e alla questione del matrimonio e del figlio.Pensare gli evitava fatica.Sentiva che i pensieri che si accavallavano uno sull'altro non gli facevano sentire il tiro di salita che aveva ancora davanti e il sudore che gli imperlava la fronte.Ad un tratto sentì di infischiarsene moltissimo di tutta la faccenda, di Maria, del bambino, di tutti.Soldi, voleva.Soldi, e tanti.Facili come quelli arrivati finora.Senza troppe rogne, solo col pensiero di dover andare via e impagliarsela quando l'aria si fa più calda.Senza una meta. Senza una casa.Sicuro.Si fottessero. Uno per uno.E magari con una donna sempre nuova vicino, un nuovo profumo, un nuovo ciocco da fare.Invidia era quella degli altri.Soprattutto di Acciuga.Che era venti anni che guatava nell'ombra e mai aveva avuto i coraggi che lui in quindici giorni aveva dimostrato, con i coglioni la faccia e tutto quello che si richiede.Lui avrebbe vinto.E li avrebbe mangiati in insalata, dal primo all'ultimo, magari sfidando un giorno anche il Don.Sarebbe stato lui un buon Don, freddo e spietato come si conviene, con gusto e fiuto.E proprio lui avrebbe scelto i pisquarnetti per le consegne.Intanto la salita si faceva altipiano e le sacche sulla schiena e sui parafanghi pesano di meno e si puo riprendere fiato, pedalando tra il silenzio dei pini e qualche pigna che si stacca ogni tanto.Ora veniva il difficile.Il brigadiere aveva già minacciato retata da qualche tempo e quello era uno dei pochi posti in cui si potevano fare affari del genere senza troppe paure, anche se due occhi erano sempre pochi, ripeteva Monsiù.Dietro un cespuglio qualcosa iniziava a muovere, ma era un movimento ritmico, cadenzato, e subito dopo la paura, Beppe sorrise, capendo."Mica la notte è fatta per lavorare"pensò.Superata la coppietta che manco si era accorta del passaggio, venne la discesa, con le rocce ai fianchi, quindi lo slargo.Era mezzanotte e dieci minuti.Il ciocco era tra cinque minuti, c'era tutto il tempo di una cicca."Meglio di no. Qualcuno può vedere la brace e avvisare chissàchi.La montagna ha mille occhi"Appoggiandosi ad una roccia, la bicicletta dietro un cespuglio, scaricò le sigarette.Per puntiglio volle aprire un sacco, per saggiarne il contenuto.Un aroma forte lo invase in pieno viso.La sua fatica non era vana.Oltra ai soldi pensava ai furbi che avrebbero fumato americano o arabo invece del solito trinciatino.Poi, dalla montagnetta di ghiaia, un lampo.Poi due.Velocemente estrasse dalla tasca la pila, ripetendo i segnali, copiandone il ritmo.Dal buio venne una voce, e lui, asciugandosi i sudori, non potè non pensare che i soldi non sono mai facili, mai abbastanza.

sabato 5 maggio 2007

ciao, ghira.

Vorrei fosse già tra qualche mese.Quando tu ripenserai a noi come ad un sogno, a me come una deviazione sull'autostrada della tua vita.Magari con sosta panino alla cotoletta e coca cola, che fa sempre piacere.Invece no, Ghira.Siamo qua, noi, io e te a guardarci consapevoli della pistolettata che tra poco ci spareremo a vicenda.Abbiamo esaurito le pallottole morbide, di quelle che ti fanno appena sentire il colpo.Sono tutte di piombo ora, ne basterà una ben assestata, al posto giusto, per farci cadere nella pania di chi non si conosce più.Hai alzato lo sguardo, è un poco cupo e la tristezza passa dai tuoi occhi ai miei.Non iniziare solo a parlare di ciò che siamo stati.Non lo fai, grazie.Le tue idee, ciò che sei, ciò che ho rappresentato per te.Stai tirando fuori l'arma, quella migliore, il colpo è in canna.La mia la tengo nel fodero, non servirà, sparandomi farai fuori anche te, per un po', questo lo sai.La tua vita, i tuoi ideali.I miei.Ci siamo, il nostro mezzogiorno di fuoco sta prendendo forma anche se sono le nove di sera.Ciò che stai diventando, le tue scelte, le tue esigenze , i tuoi bisogni.Stai puntando, non c'è manco gusto, io sono fermo che attendo, immobile.Le tue necessità, il fatto che noi potremmo essere...io dovrei....tu devi.........................BANG!!!!!!!!!!!!!!!!!Uccidendomi ci hai uccisi, gli ultimi sorrisi, il rivolo di sangue alla bocca, i tuoi occhi commossi per davvero, le lacrime, la canna della tua pistola fumante e inespressiva, la tua bocca..........

Da:"Una causa difficile"

16 Novembre, Lunedì.

La mano è scivolata veloce sul taccuino.Il suo numero di cellulare, scritto a penna verde-quello è il solo colore che usa- mi conforta.
Lo guardo e lo riguardo come una strada dalle sbarre di una cella.
Gianna non immagina nulla, anche se le mie ossessioni le sembrano talora eccessive.
Anche quando mi chiede dove sono stato e con chi, non immagina il tradimento: nei suoi occhi vedo la certezza del padrone, del possesso esclusivo e oramai scontato.
Io sono il suo oggetto, ecco.
OGGETTO. Lo scrivo grande, potrebbe essere uno spunto dall'analista.
Due giorni con lei mi sono sembrati un'eternità troppo attesa.
Il tornare in questo ufficio, questa luce neon e la certezza della sudditanza a Gianna bastano a farmi tornare le dannate palpitazioni.
Il taccuino.Il numero.Sto meglio.Lei esiste.Esistiamo insieme.
Nonostante l'impossibilità del caso, queste brevi e fugaci apparizioni mi sorreggono e mi tengono in vita.
Gianna scoppierebbe, o riderebbe, se sapesse quanto sono debole, quanto ignobile:
è forse peccato tradire quando via d'uscita non c'è?
Non credo:non ho sensi di colpa, non rimorsi.
Darei non so cosa per essere libero da questa morsa tentacolare, dai doveri verso Gianna.
E lei parla di matrimonio.
"Mario!Cosa ridi ?"
"Nulla, cara.Pensavo a una barzelletta idiota che ho sentito ieri dal padrone della locanda.Una scemenza."
"Ecco, invece di andare sempre in giro a fare i fattacci tuoi, signorino, potresti anche degnarti di accompagnarmi nei ristoranti.Pensa che ci sono quasi tre milioni uno dall'altro.Robe da matti.Per un rinfresco dopo la cerimonia. Ma tu sudi, amore, non stai mai bene.Andare via ti ha debilitato ancora di più.Chissà cosa hai combinato la sera."
"Nulla.Proprio nulla."
"Oh ma che tono.Non ti conoscessi dubiterei di te.Che sciocco, sei."
"Sciocco, si."
E fottuto, penso tra me e me.
Dopodomani Manuela torna da Milano. Parleremo della faccenda del processo, dei miei vincoli.
e staremo finalmente insieme.Ancora non mi pare vero di aver atteso tanti anni.
Di colpo qualcosa che era in me è uscito dal letargo e rivive allegro, come un sorriso nello stomaco.
Due anni senza lei e ora qualche giorno mi pare l'eternità: è questo l'amore?
Eppure son certo di esserlo stato ai tempi, di Manuela, di Rita, forse di Anna, mai di Gianna.
Ora i dubbi sono fugati.Del tutto.
Non fosse per.....
Ne parlerò con Beppe, con Manuela, forse.

Triscaidecagipa

Gipa.
Gipa dolce e tenera.
Gipa ingenua.
Gipa bambina.
Gipa amante.
Gipa angosciata.
Gipa angosciante.Gipa felice, al lago.
Gipa in lacrime.
Gipa, la vita te lo impone:Gipa gioca.
Gipa, non sempre si vince.
Addio Gipa

L'alba del tramonto.

Non lo sai ancora.Nel tuo sorriso spensierato non vedi la fine che albeggia sulla fine del nostro giorno.Siamo nati un mattino che i gabbiani ci svegliavano su quei tetti, le campane a festa.Il miracolo del sole ci guardava stupito mentre passeggiavamo per quei vicoli in pietra, facevamo fotografie azzardate al molo e tutto era bello, anche quella sabbia ai piedi delle pietre dai cannoni.E le mareggiate al porto che era pericoloso camminarci.Saremmo potuti restare ancora secoli sotto le coperte a sognare di noi, a vedere lenta la luce spegnersi tra le persiane e quel buio con ancora qualcosa del giorno sul muro in pietra mandare riflessi all'ulivo sotto.Forse per te è ancora tutto così.Si, tu sei ancora là, e ti invidio.Non vedi l'eclissi inaspettata che beffarda coprirà presto tutto il radioso fluire dell'eternità che sognammo.Non paura.Manco rabbia.Meglio non pensare troppo a ciò che siamo stati, men che meno a quel che saremmo potuti essere.Senza saperlo, proprio tu hai ucciso il giorno nascente.E presto lo capirai, quando questo sole che tanto amavi, non sorgerà più.

Monellaccia

L'ho desiderata più di ogni altra cosa al Mondo.Più del primo bacio della mia prima fidanzatina.Più della fine di una seduta dal dentista.Più dell'arrivo della primavera e della fine dell'inverno.Ora è lì, ritta e fiera nel suo garagino, con le cromature che scottano e l'arancio psichedelico che abbaglia.Col suo motore così impossibile da avviare che vale già come antifurto.Col suo rumoraccio irriverente che mi piace tanto e ad ogni accelerata grida :"Libertà!".La Scrambler è qualcosa- o qualcuno- che doveva capitare per forza nella mia vita.Così desiderato che la prima volta che io fui suo non mi parve di toccare il cielo con un dito: era ovvio e lapalissiano che un giorno saremmo stati insieme.Non crediate adesso che la Scrambler vada forte o possa fare fuoristrada come ridere: nossignori, manco questo.Va piano, vibra come un cellulare nel taschino in Chiesa, parte quando ha voglia, ha un motore di una fragilità disarmante, frena così e così.Però è un mito.Una filosofia di vita.Qui la parola cade, si fa meschina, vigliacca nello spiegare quella miriade di sensazioni ed emozioni che una bella strada di curve in Langa, in una giornata di sole, regalano al guidatore( e alla moto) in giornata.Un giretto di mezz' ora un'ora è un antidoto portentoso per una settimana di frustrazione e nervi tesi.E poi è bella.Non puoi andare in giro o lasciarla un momento che subito tre quattro persone la guardano estasiati.Come una donna.Un'amante perfetta.Lunatica, eccentrica, divertente, incredibilmente sexy.Col vantaggio che non tradisce.Quasi mai.

Vaniglia

La sto aspettando.Come ogni sera che si rispetti arriverà in ritardo inventando le più bieche scuse.Ma anche questo fa parte del suo fascino.Col suo inebriante profumo di vaniglia mi coprirà di baci e parole al vento che io non ascolterò, preso e rapito dal suo turbinare.Come quella sera di autunno in cui le foglie cominciavano a cadere dagli alberi nella piazza ma ancora qualcosa di estate era nell'aria e quella maglietta che mi stava tanto bene potevo ancora permettermela.Era la prima volta.Non ci mise un minuto ad incantarmi col suo sguardo maliardo e felino.I suoi vestiti dallo stile zingaresco facevano di me un accompagnatore inusuale, fu forse questo stridere gioioso che ci fece avvicinare un poco di più, a quel tavolo alla Castiglia.E ascoltare che fai l'infermiera, che vuoi andare in Africa, che credi a quello questo e quest'altro, tutte queste cose e molte altre fummoproprio noi quella sera di Settembre.A ripensarci ora mi sembrano storie raccontate da un paroliere un poco ubriaco in una serata di scarso successo, le risate molto facili e scontate, te che poco a poco vuoi sapere di me, chi sono e chi non sono.La conosci benissimo anche ora, che sono un poco tuo, la difficoltà ad aprirmi, a farmi di un altra in tutto e per tutto e quel mio distacco di perpetuo disincanto dalle cose del Mondo.Ma sai prendermi, e farti aspettare e desiderare, hai giocato bene le tue carte, con calma, e hai vinto.Come ora, che mai più starei al freddo ad attendere il tuo arrivo che sa sempre di apparizione, molto.E poi sai farmi ridere.Lo sai quanto è difficile.Una sera ci siamo ubriacati nel prato lassù in collina, con la candela che mandava onde di luce nel nero della notte, e io e te sulla copertina a ridere abbracciati, con della gente che va e che viene che non sai se sono pazzi o cosa.Epperò ora esageri.Va bene il quarto d'ora accademico che se dobbiamo vederci a una certa ora prendiamo per buona la mezz'ora prima, ma ora esageri sul serio.Una volta me ne sono pure andato, ecchecacchio.Ma sei bellissima e il tuo fascino sa farsi perdonare tutto.O quasi.D'incanto, il suo profumo, il suo passo, le sue mani subito attorno alla vita e quel morbido dolce che preme sulla mia schiena.Poi i capelli, di nuovo il profumo, più forte ora, e le labbra, finalmente, la mia lingua subito con la sua, nell'Abbraccio."Scusa il ritardo"."Figurati.Ho pensato a noi.Magari lo scrivo, un giorno o l'altro..."

Nebbiamica

Stamattina mi son svegliato presto per perdermi.Sissignori, nesun errore di battitura: non radermi, prendermi, o robe così. PERDERMI.Letto bene?Queste nebbie di fine autunno, nella campagna pianeggiante a un tiro di bicicletta da casa mia sono proprio quello che Dio fece, quando si ha voglia di staccare un cinque dieci minuti dal Mondo.Mica serve per forza andare a sballlarsi in discoteca o ubriacarsi fradicio.Per carità, anche.Però quell'impalpabile acquolina a mezz'aria, con quell'odore penetrante della campagna che dorme, in un mattino di prodromo all'inverno, mi riuscì sempre amico e complice.Come quella volta che l'università mi sembrava la cosa più stupida mai inventata, il chiudersi insieme a tanti altri poveri individui nella loro singolarità costretta all'impostura presenza per il dovere di una firma.Una firma!Ma se la tengano la firma, pensai un mattino come questo e tanti altri, si tengano i Signori le loro Mondanità, io mi regalo un cinque minuti di Infinito.Vi pare poco?Non ci vuole molto a lasciare la bicicletta e appoggiarla ad un albero amico e inziare ad incespicare sulla terra cemento che l'umido e il freddo avvolge come un cappotto, e iniziare anche a non pensare molto.Poi c'è il Silenzio.Voi magari state in campagna aperta, come quella fidanzata che abitava infrattata in mezzo ai lupi, in un posto a cui la notte donava un' aria complice e misteriosa, almeno ai miei occhi di cittadino borghesuccio, e la faccenda del silenzio può dirvi e non dirvi.L'unico rumore che si sentiva in quella casa umida che sapeva di mela era il fracassarsi di un qualche ramo del boschetto vicino, o le rane al fiumiciattolo più in basso, oltre la riva delle Pesche.Il Silenzio sa anche un po' di morte.Il rumore è vita, agitazione, frenesia, un buon divertissment pascaliano per dimenticare quello che realmente siamo e saremo.La nostra condizione più autentica, insomma.Dimenticarlo è peccato.Apposta appena posso mi perdo con la complicità del freddoumido.Perchè so sempre troppo di me, l'iperstimolazione del mondo mi confonde, mi blandisce, mi lusinga e mi ammalia, beffarda.Mi confondo in essa convinto di far parte di un bel meccanismo oliato e funzionante, ma , Signori miei, è tutta illusione, tutta questa finitezza porta a dimenticare che esiste anche una dimensione non così finita, senza troppi ostacoli, che fa parte di quella assurda realtà che è l'infinitezza Universale.Ma ecco che un piede in fallo e l'improvviso istinto di autoconservazione- il pensiero!il pensiero!- mi salvano da morte certa per annegamento, o perlomeno congelamento, nella bealera sotto il mio naso arrossato.L'Infinito non sempre è cosa da uomini...

Cacciatrice o...???

Mi volle lasciare una sera di inizio estate che le foglie inziavano già ad essere bundose sulle piante e il calduccio non accenava a diminuire, se non sulla collina dove eravamo, sotto il castellaccio in pietra.Lei parlava con gli occhi bassi, ed io, che non ero fesso, ascoltavo in silenzio quella nenia precostruita di parole guardando i lumini delle Langhe in lontananza.Sempre le stesse cose alla fine.Mai una volta che, vivalamadonna!, si possa inventare qualcosa di nuovo, che so:ti lascio perchè credo che un Ufo mi rapirà presto.Oppure, la butto li, ti lascio perchè voglio andare a studiare il comportamento delle formiche in Australia.Almeno uno si diverte.Ennò, bisogna sempre abbarbicarsi alle scuse preconfezionate da supermercato, tipo prendi tre che te ne do sei, quelle che mirano a farti piangere, avvilire, riflettere e dire sai non sto più bene ultimamente, e non è per te sai, te sei sempre tanto buono e caro, oppure, come fece lei, quella sera, devo prendermi la pausa di riflessione.Ma su cosa?Sulla gettatezza heidegerriana e sulla disperazione in cui sguazziamo tutti allegramente?Perchè diavolo non ci si più divertire anche quando non si dovrebbe?Anzi, è meglio, il fascino della trasgressione."Ma sparati che fai un affare!"La frase mi uscì così bella e di colpo che valse a rendere soddisfacente una sera in cui tutti si sarebbero tagliati le vene, fu forse solo qualcosa più di niente, su quella collina, ma mi bastò.Il momento la esigeva, la battuta anti tremore post traumatica da lasciamento era mia.Cento punti per me.L'esito fu altrettanto risibile, come un bel cartone quando meno te l'aspetti: il suo pianto, le sue lacrime che magari voleva mie, l'infingardona, ma mi piacque sempre molto vedere piangere chi ci vorrebbe tristi: fa godere, mi dà orgasmo e soddisfazione.Per me fu così, quella sera di fine Maggio in cui la Magnolia profondeva profumi dalla collinetta sotto la Torre.I posti romantici mica servono solo per le sdolcinerie, anzi, donano un gioiosa ed esecrabile allegria sempre, un bel sorriso dove non si potrebbe e dovrebbe.Anche un bell'addio come Dio comanda insegna molto della vita- e alla vita-no?Poi la collina divenne poco a poco sempre più alta e lontana, la strada scorreva lenta, anche troppo, e volli dirglielo.Credeva di cacciare la poveretta, era sicura, la sua ostentazione patetica, la mia sicurezza troppo evidente per nasconderla, a cosa sarebbe valso poi?Che pena quando i ruoli si invertono, se non fossi sempre così serio e distaccato ci sarebbe stato da commuoversi.Fu divertente e persino scontato rifiutarla, dopo che lei ci ripensò- l'orgoglio è una brutta bestia ma a qualcuno fa gola- nella sua macchinetta nuova e odorante di concessionaria, su quella piazza."Non vuoi, perchè?""La vita ce lo impone, bella mia, o giocare, o............"