lunedì 27 dicembre 2010

rossocorsa



Gli oggetti, come le persone, ti devono entrare dentro, prima di amarli.
Sennò è menzogna, e mentire a se stessi è il peggior peccato.
Questa simpaticona mi guardava sorniona dal fondo della cantina da più di due anni.
Proviene da un blocco di vecchiette dell'astigiano, e da subito mi accorsi che quel rottamino aveva avuto un passato migliore.
Corona finemente lavorata (tre M la decorano) e forcella da corsa.
Cerchi in ferro con giroruota, mozzi anonimi con oliatore e pedali da corsa.
Dietro le pedivelle un nome, che scotta: Monza.
Sarà il marchio???
Solo il manubrio era divenuto un volgare tubo da passeggio.
Non avendo per le mani ferro migliore, ho provveduto con un bell'Ambrosio Champion anni 40 con tanto di tela usurata.
Una bella catena Way Assauto sport ha sostituito il macinino arrugginito.
Dopo due anni, tutto in tre giorni.
Bisogna sentirle , le cose.
Come quella punzonatura emersa sotto il movimento centrale: PG.
Chi l'è???
Il corridore che l'adoperò?
Mi piace sognare e allora sogno che su quelle ghiere Bs (bollea saluzzo, , tra i migliori produttori di accessori del tempo), abbiano spinto gambe vigorose.
Che se non han vinto, almeno ci han provato e dopo il traguardo una donna, una buona cena.
Un amore bello e forte, come quello che ho messo nel riportare su strada, meglio che ho potuto, questo vecchio ferraccio.
Che ancora, dopo quasi 70 anni, sa darmi emozioni.
Le voglio bene, ora.

venerdì 24 dicembre 2010

Auguri!




Questo Natale porterà alla mia suocera un regalo particolare.
Erala bici del padre quella della foto in alto, e per me ormai è diventata la bici d'Tunèl.
Restaurandola(era in una cantina un po'buia e trascurata), ho fatto, trasversalmente, un bel regalo anche a me stesso.
Mi sono appunto concesso di sognare e di andare al di là del semplice lavoro di ripristino, di passare oltre l'immaginazione per riscoprire il valore più vero del lavoro.
Una bici senza nome, senza valore collezionistico, ma con un immenso valore affettivo .
Me ne capitano poche.
Lo leggevo sul forum Paramanubrio ier l'altro (parole stupende di libks e dborit).
Bello è restaurare bici importanti, bici di valore, di alto bordo collezionistico.
Dà soddisfazione.
Ma che emozione, che gioia, sapere che quel ferro rappresenta ancora oggi qualcosa di forte che il denaro non può scalfire.
Qualcosa che accende i ricordi dell'infanzia, che fa scappare la famosa lacrimuccia.
Cose del genere mi son passaate nella mente, durante il lavoro (casalingo, vicino alla stufa!)di restauro du questa anonima torinese carica di ricordi.
Oltre agli auguri di felicità e di prosperità per questo 2011 alle porte, a questo punto non posso che augurarvi questo:

di essere felici nel restaurare stè benedette bici

di sognare,

amando

sempre.

Buone feste e tanta gioia a tutti!

Andrew :)

lunedì 20 dicembre 2010

Sogno.





Vola, sogno.

Godi,
gaudente tra i corpi
di gioiosi sposi felici
e tra le grigie arie
di chi nell'oblio
ti ha ricacciato.

Corri lesto,
tra le lacrime
Di chi ti perde.
Di chi ti uccide.
Di chi ti dimentica.


Viaggia, sogno.

Bussa alle menti
di chi, amando,
ti dà vita.
Credi in chi crede
Credi in chi credere
Più non può.

Abbassati,
ed esplodi
le nostre primavere
di maggi nuvolosi
schiudendo luce
e verdi prati assolati

Sarai pace
Sarai sussurro
Sarai madre
Sarai amante
Sarai benvenuto.

Sogno,
Sarai Te.

giovedì 2 dicembre 2010

Vissuta.




Dalla montagna è scesa, da ferri vecchi di cose che non si usano più.
Quasi dimenticata tra le altre, per mesi vedo il verde spiccare tra l'nero dei telai in attesa di sguardo e amore.
Verde speranza, verde rabbia, delle salite pigiate a sudore tra i colli monregalesi.
Gaggenau dicono le pedivelle, Gaggenau i mozzi.
Italiana?Francese?
Poco importa.
La foggia del telaio mi dice anni 10, i cerchi stretti in acciaio provengono da altra cavalcatura , sacrificata per fare rivivere la sua anima.
Tela grezza sul manubrio corsaiolo e freno unico posteriore , per fermarsi Presto (la marca, appunto) e bene.
La sella si molla?E mettici un pezzo di camera d'aria , come facevamo pochi giorni fa , prima che questa guerraccia contro gl'austriaci ci decimasse i figli.
Un'emozione mi prende forte nella boita fetente di ruggine nell'aria: la vernice è opaca ma onesta, schietta: il sudore l'ha consunta , conservata.
Saprà il mio vigore del nuovo millennio imprimere la stessa forza su tanto gravar di ferro?
La primavera(o qualche giorno senza candore in terra) risponderà.

martedì 30 novembre 2010

Ventisette


Il tuo viso è sereno:
Ride di luce fioca.

Non sa ancora,
l'uomo accanto,
beato nel calore

di te e della vita,
dei giorni piovuti addosso
trascorsi funesti
non lasciando tracce.
(così pare, cosi' appari)

Sapesse
chiederebbe paga
per chi passò prima
a rugare piano quei solchi
a fendere il bel sorriso.

Lacrime
bagneranno quegli occhi:
quasi le stesse,
quasi allora.

L'esattore è paziente:
Ventisette arriva sempre.

mercoledì 10 novembre 2010

La pioggia è gioia (11)


Bernardo era basso e tozzo, forte per i suoi 14 anni.
Era venuto su quasi da solo , giocando nei fossi della Riva e smontando e rimontando qualsiasi oggetto capitasse tra le mani.
Fu un affare per il meccanico ciclista Nuccio vederlo montare il copertone nuovo, un giorno di 5 anni fa .
Capì che quel bimbo coi pantaloncini e le ginocchia di terra un giorno sarebbe stato in gamba .
Ora tirava i raggi meglio di lui e sui motori era qualcosa di miracoloso.
Capiva da cento metri quale cuscinetto stava per rompersi e sapeva mettere a punto un Motom a occhi chiusi.
Il suo si sentiva girare la domenica mattina per tutta Bra.
Quel megafono aperto e il manubrio basso,unito al colore rosso fuoco e il parafango anteriore lunghissimo , come sulle moto da corsa, lo rendevano uno dei motorini più invidiati tra i coetanei, che neppure per scherzo cercavano la sfida,sapendosi perdenti.
Persino un Gilera 125 aveva bruciato, si diceva.
Veniva ora dalla Piazza con passo sicuro da cow- boy nella prateria, capelli biondi ben pettinati e tuta bianca con lunga cerniera blu.
Manteneva lo sguardo alto e sicuro, l'aria di sfida sempre presente.
Cercava Eroe, aveva di certo qualche ricambio da chiedere per biciclette che Nuccio non trattava.
Eroe si trovava bene con quel ragazzo, nonostante il doppio di età a separarli.
Perchè sapeva anche lui la Guerra, avendo fatto la staffetta come molti suoi coetanei,e rischiato la vita per un pezzo di carta o una rivoltella nascosta nel cestino della bici.
Per quello tutti lo rispettavano.
Per le moto , sopra le bici, aveva un amore quasi morboso.
Quando un cliente ne portava una , specialmente Morini, tutti vedevano i suoi occhi celesti e glaciali accendersi e farsi raggianti e davvero entrare in sintonia col motore prima che col proprietario.
Per lui moto sporche erano sinonimo di offesa.
Chi sporcava la moto non era di questo mondo.
Tutti si ricordano di quella Parilla appena tirata giù dalla bisarca suonare come un orologio.
Rossa fiammante che pareva dovesse incendiare l'aria, il minimo scandito da 500 Guzzi.
Tra la piccola folla che la ammirava rapita, solo Bernardo capì che i cuscinetti di banco stavano saltando.
Schernito, trovò conforto il mattino dopo, quando il panettiere che l'aveva comprata aveva rotto nella piana dopo il San Martino e chiedeva che venissero a riprenderlo, quel rottame.
Questa e molte altre cose lo fecero rispettare per la città, insieme al suo sguardo e al dannato carattere burbero che lo faceva temere e odiare pure.
"Avesse meno boria sarebbe da sposare.Sarà l'età."
Nuccio , che era da tutti definito uno dei più "grandi amatori di donne.Altrui."di tutta Bra, amava quel ragazzo come un figlio arrivando persino a portargli pane e salsiccia per la merenda, e la birra Moretti, ghiacciata da bere con calma.
Non pochi clienti si erano lamentati per il suo modo diretto di fare che spesso e volentieri diventava aperta sfida e parole di fuoco.
Il tedesco, qualcuno lo aveva chiamato, a buona ragione.
Quegli occhi mettevano paura e soggezione anche a clienti ben più anziani e c'era chi giurava d'aver visto più proprietari domandare permesso a Nuccio prima di parlare al garzone.
Trattando lui le sole bici Bianchi e Touring, capitava a volte Bernardo da Burdese per qualche ricambio Wolsit o Legnano, come pensò Eroe quel mattino.
"Bernardo.Come andiamo?"
"Male andiamo.lascia perdere quella roba.Dobbiamo parlare."
"Che diavolo?Di cosa?"
"Mia sorella."

Vedendo lo sguardo fisso e serio proprio, senza ombra di scherzo , Eroe chiese permesso al padrone, sentendo di nuovo quel freddo sudore odioso di tanti anni prima.

giovedì 4 novembre 2010

Non tu.


Questa sera,


non sarà
il tuo sorriso,
le tue mani,

frenetiche.

Non sarà
passi e risa
su selciati

e murivecchi.

Non vedrà
la tua luce
scintillare,

occhi negli occhi.

Non udirà
il mio respiro
forte sopra il tuo,

amanti.

Queste tremule luci,
pigre e ostinate
tra i buii,

non sapranno
il nostro sapore,

Non sapranno Noi.

lunedì 18 ottobre 2010

La pioggia è gioia(10)


La strada correva dritta, senza curve.
Lanciata a tutta velocità, la Topolino sfiorava i 100 di tachimetro,solo un sogno, un sogno da poco che specialmente in quei giorni fu la corona da portare sulla testa, con fermezza e allegria proprio.
Il sole batteva contro il finestrino, mandando lampi che abbagliavano la coppia costringendoli a mettere la mano davanti agli occhi ad ogni curva.
Insieme erano andati a ritirarla a Torino, e quasi piangendo Eroe pagò le 255000 lire, ma era buon patto e il venditore che giurava sulla velocità e sulla tenuta e sulle gomme, nuove che potresti metterle in camera da letto.
In un soffio la seppe sua e già nell'odore dell'interno indovinò le serate che sarebbero venute, con amici e fidanzata e strade perse in cui ritrovarsi.
Fu lei la prima passeggera.
"Tu sei matto."
"Si, mai stato tanto bene.Pazzo e felice."

Trenta volte volle passare sotto al portone di Neta, finchè lei lo vide e gli occhi che fece vedendolo e vedendo la macchina e lei al suo fianco lo inondarono di una gioia strana, mai assaporata prima.
"Come un gatto che la fa nella brace.Guarda che occhi."
Ridendo, scantonarono per la strada provinciale che portava fuori città.
"Oggi è festa e noi stiamo come il Papa.Andiamo a mangiare le bistecche a La morra.Conosoco un 'osteria che è la fine del mondo, vino buono e buona carne."
La statale si immetteva ora su per la ripida salita in terra che portava a Verduno ed Eroe non potè non pensare alla bici e al sudore, tanto , versato in tempo di guerra quando quell'osteria fu ritrovo di partigiani e al Guzzino, che sembrava scoppiare ad ogni curva tanta era la manetta richiesta.
E pensò bene a quelle domeniche col padre, quegli unici momenti in cui parlarsi da uomo a uomo, le rade parole sussurrate ai tavoli di legno tra il fumo azzurro e le grida dei giocatori di biliardo.
Quella domenica che manco 14 anni aveva e dopo la salita e il vino il padre gli offrì la sigaretta, dimenticandosi che ancora non fumava.
Quello e un mucchio di altre cose lo avevano fatto uomo , la guerra per prima lo aveva cresciuto in fretta, troppo in fretta, dandogli abitudini e l'immagine di cosa è vivere.
Parcheggiata l'auto sulla Piazza, non potè non scendere e pulire col fazzoletto le tracce di polvere e di fango.
"Finirai col diventare matto davvero.Una macchina."
"Col cavolo.Questa non è una macchina qualsiasi: è la nostra macchina."
"Ripetilo."
"Cosa?"
"La macchina: cosa è?"
"Nostra.Perchè?Perchè piangi?Oh Piera!"
"Cretina che sono.Andiamo a mangiare , muoio di fame."

Davanti all'ingresso paesani ridevano nel sole del mezzogiorno, mentre un rombo veniva da dietro il portico.
Incuriosito Eroe lasciò un attimo Piera e andò a curiosare.
Le moto gli erano sempre piaciute.
Gepe,che conosceva perchè cliente da anni, stava avvviando ora il Benelli 250 monoalbero per andare a trovare la sua Pierina.
"Oh Gepe, cosa combini?"
"Bastarda .Va maiUno di questi giorni vola giù da una riva."
"Con te sopra."

"Come ha fatto a fare da Milano a Taranto resta un mistero.E Ambrosini che continua a correrci con questa trappola.Si ammazzerà sicuro."
"Sei magro di carburazione: Spetta un momento."

Alzando la manica della camicia Eroe si mise a regolare le viti del grosso carburatore Dellorto 30 millimetri verniciato in rosso, accelerando e rilasciando con profondi risucchi dello scappamento libero.
Quella moto Gepe la comprò a Torino nel '46 appena passata la Guerra.Veniva dal reparto Corse e pare che Leoni ci avesse corso la Milano- Taranto, nel '39.
Beveva talmente tanto che occorreva una tanichetta per tornare in moto da Cherasco e la madre cominciava a buttare la pasta in tempo sentendolo arrivare sin da Vergne, sei chilometri di curve più in alto.
"Ora vai dalla tua di Pierina.Se io non torno dalla mia, mi ammazza."
"Fattela bene, vado prima che si fermi di nuovo."
"Ciao.vai piano!"

Nell'osteria , tra il fumo denso delle sigarette, un uomo alto e massiccio litigava giocosamente con un cliente,e rise sottecchi vedendoli entrare.
Quello era Luigi, il padre di Gepe, padrone della trattoria del Molino, della pompa di benzina Petrcaltex di fronte, e produttore del Barolo che anche quell'anno , come nel '48 e '49, aveva stravinto all'Esposizione.
I diplomi erano incorniciati in bella mostra all'ingresso.
"Mi danno il premio se non vado più.Davvero.Hai visto quel lazzarone di mio figlio?Si ammazzerà un giorno, con quella bestia.Io mi tengo la Della."
Luigi tra le altre cose era anche impresario e portava cazzuole e boglioli su una vecchia Della Ferrera sidecar 600 anteguerra,cambio a mano e doppia catena di trasmissione.
"Cosa mangia questa bella figlia?"
"Bistecche.Siam venuti dalla piana apposta."
"Ve ne faccio portare due con un barolo che vi farà piangere.Lucia, due bistecche ai giovani. Sveglia, sveglia!Qua si dorme!Parlando con licenza, se quella non si prende un urlo al minuto mi manda in rovina.Ma è una buona donna, di cattivo carattere, ma buona donna.Su, sedete là al sole, lontano da questi ciucchi balordi."

Seduto al tavolo, la sua Piera bella nella luce, Eroe si sentì davvero a posto, pensando al verde allegro della Topolino fuori.
Sapeva già in tutta quella bellezza qualcosa fuori posto, ma, pur sapendolo, si abbandonò al profumo delle bistecche, del vino e dei suoi capelli.

Mandrogne...di legno!



Le Amerio mi perseguitano.
Non faccio in tempo a mettere a punto la sportiva che altre due sorelle mi piombano in casa dritte come un fuso ,ruggine e ragni, senza troppi complimenti.
E io lì a d aprire le porte del mio garage (che infinito non è)colpito da quel legno che sono i cerchioni e da quelle bacchette che non si vedono.
Anni di ruggine, anni di solaio, ma il legno ha tenuto bene.


Chissà se erano bici sorelle?
Chissà chi le usò?
Di certo gente a mezzi.
Solo qualche crepa qua e là , alla quale al più presto mi riprometto di metter mano.
Mi colpisce il cerchio di quella che giudico più recente: scanalature e raggi quasi tangenti.
Come sulle moderne BMW.
Immagino quelle creature nella loro terra astigiana, cavalcate da danarose donzelle in cerca di garbato marito, molleggiate dalle grosse gomme ballon a far da manto a quei legni.
I parafanghi avvolgenti non fan temere spruzzi e pozzanghere, perciò via!di corsa verso il casolare vicino: una festa è in corso, ma lontan le bici dal focolare.



Pericolo di incendi.

lunedì 4 ottobre 2010

La volgare arte


"Ma le vende?"
Questo un po'tutti mi chiedono, quando sentono il numero delle bici che possiedo.
Sinora non avevo mai sentito la necessità , e per spazio e per ragioni di cuore.
Dicevo no, e basta.
Ora lo spazio non esiste più, ma le bici continuano a fluire copiose.
Ragion per cui, insieme alla mole di ricambi accumulata e al tempo che manca, mi trovo costretto a vendere o scambiare molto materiale e bici.
Tutto nella sezione in alto a destra di questo blog, alla voce Mercatino.
I prezzi sono indicativi, son assolutamente disposto alla trattativa e all'offerta, anche di scambio.
Alcune bici , tra cui Legnano e Bianchi da restauro ariveranno a giorni.
Odio farmi rèclame, ma stavolta ho davvero esagerato.
O escon le bici o esco io dalla casa.
Salvate queste povere diavole destinate al non restauro per chissà ancora quanti anni.
Provate, se ancora non lo avete fatto, a restaurare una bici d'epoca.
Ve ne sarà grata.
Io, con lei.

venerdì 24 settembre 2010

Mandrogna sportiva


Mi guardava da anni sorniona, appesa tra i travi del mitico Bernardo.
"Era di una di Asti, che voleva la bici per fare dello sport.Tempi di una volta, robe del 50."
Quel manubrietto cosi assurdamente sportivo e bacchetta lasciava in me un senso di nostalgia e di voglia di pedalare chino, abbassato sui pedali in feltro , spingendo su quell'alluminio prelibato.
Colpiscono da subito i paffuti copertoni balloncino e la freneria completamente interna.
Il telaio mandrogno tipico di Maino, Verde e Quatrocchio, per citare i più celebri dell'alessandrino, lascia spazio a tubi paralleli e slanciati, con forcellini posteriori tipo sport con aggancio per cambio simplex 3velocità in fusione.
I cerchi (marcati OMB 1946) corrono grazie a filanti mozzi marcati Amerio simili ai coevi FB, flangiati alluminio.
Impianto luce Regina e maniglia saltafossi Rubino completano questa mandrognetta nata per correre sulle polverose strade che ancora sapevano di sangue e rabbia.
Il carter originale, per una volta, lascia posto a un analogo psitolotto ma di ottone, che a me piace tanto.
Io amo le bici dell'immediato dopoguerra e amo particolarmente questa, desiderata, moltissimo.
La prima pedalata, notturna, mi ha riportato all'autunno di 64 anni fa, quando fu bello pedalare finalmente senza pensieri, su quella bici dalla posizione assurda, pensando che tutto , per una volta, sarebbe stato possibile.

mercoledì 8 settembre 2010

Unte ( e bisunte).



Un amico mi scriveva ier l'altro chiedendomi per l'ennesima volta , lui come altri, perchè io restaurassi come restauro.
Senza vernici o filetti nuovi e cromi e via dicendo.
Smontando e ungendo e bisungendo all'inverosimile.
Lasciando ruggini e righe e velando con vaselina sterile o grasso.
Pantaloni bianchi lontani da me!
Un po'tutti quelli con cui ho parlato, conoscono il mio modus operandi.
Condiviso o meno, ma in cui credo ciecamente.
Vi racconto un aneddoto gustoso.
L'anno passato, dopo aver speso del buon tempo nel riportare su strada una Dei Oro, a mio avviso un buon conservato, giunge serafica mia nonna.
"Questa meriterebbe secondo me, quando la sistemi?"
Ecco, in questa ingenuità c'è tutto lo spirito di chi a volte osserva e ancora non sa.
Una quindicina di anni fa restauravo forte i motorini.
Prendevo smontavo scartavetravo verniciavo rimontavo.
Un giorno a un mercatino mi imbatto in un modello simile a quello che avevo appena finito, un Torpadino del 62.
Commento al proprietario che ne possiedo uno identico, ma più bello, riverniciato, cavolo!
Lui, serenamente, commenta che sì, la vernice nuova è una cosa, ma quella vernice è proprio quella che ha visto trascorrere gli anni 60 e 70, ha resistito all'inquinamento alla pioggia e all'incuria.
Merita ucciderla ora, freddamente?
Oppure occorre valorizzare ciò che il tempo ci ha concesso?
Tanto disse che lo comperai, per farla breve.
Identico con le bici.
Merita distruggere quelle meravigliose sbavature sulla canna dovute a milioni di sfregamenti che ci parlano di lavoro e sudore?
Merita annullare con una cromatura nuova i segni dei quintali di pacchi e merci passati sui manubrii, tra i punti di rugginella e cromo, che ancora scodinzola festoso alla vista di una pagliettina?
Merita barattare con selle bellissime e inglesi quelle Robur o Aquila o Poltrona che hanno portato le terga dei nostri vecchi a fare ciò che noi siamo ora?
Io tremo dall'emozione quando vedo un bel conservato, meno quando contemplo un ottimo restauro.
Merita rovinare le tracce di quei filetti che hanno corso per chilometri sui cerchioni delle nostre amate?
Perchè il conservato emoziona genuinamente, spartanamente.
Come un bel pane salame e vinello al confronto del più raffinato gourmet.
De gustibus non est disputandum.
Penso alla bicicletta della buonanima del mio prozio, fu partigiano.
Quella bici non ha più corso dal 1945 al 2007.
I mozzi portano ancora la polvere che si posò durante le fughe.
Il carter è tagliato , e quel taglio è fretta e disperazione(la disperazione impone dei doveri).
Chi avrebbe il coraggio di ripulire e mettere a nuovo una Storia?
Non di tutte le bici sappiamo la storia, ma ciò non toglie che ne abbiano una.
Da rispettare.
Valorizzare.
Tramandare.
Quanti restauri integrali hanno distrutto per sempre segni che erano simboli di un'epoca?
Conservando non si corre questo rischio.
Al limite lasciando ruggine, perchè se un oggetto ha quasi 100 anni, deve dimostrare i suoi 100 gloriosi benedetti 100 anni.
Se rifatta a nuovo, chi può dire se davvero ha 100 anni oppure è una replicaccia fatta nel 2009??
Certe ruggini non si creano in due anni(apparte sulle bici di oggi).
Ecco,a tal guisa concludo con la frase di un celebre esteta,che vuole essere l'emblema della mia filosofia:

"Il falso può assumere qualsiasi forma, bella o brutta, l'Autentico una soltanto".

domenica 29 agosto 2010

La pioggia è gioia (nove)


Dalla viuzza sotto venivano le tarde voci della sera.
La madre di Piera era in cucina armeggiando con piatti e pentole e il letto morbido nel primo buio con la frescura che veniva cheta dalla finestra davano un tono di allegria e quiete alla serata.
La cena era stata zucchine ripiene e pollo alla cacciatora e lui ora era il fidanzato e non il gorba che disturbava le figlie.
Questo gli piaceva.
Dopo il funerale pochi lo avevano cercato, ma il padrone e soprattutto Piera lo avevano saputo uomo e forte, proprio perchè uomo e fermo davanti a tutti e tutto.
Solo Nadìn lo aveva ancora salutato passando col Motom davanti alla stazione, altri tiravano dritto offesi e sicuri della propria parte.
"E devi sentire cosa hanno detto le mie amiche."
"Quelle galline senza coda.Cosa?"
"Che sei un disperato e che non sai cosa è la vita."
"La vita.Lo sanno loro, lo sanno.Sempre pronte a farsi vedere e trovare il pollo da spennare."
"Io l'ho trovato."
"Bell'uovo.Uno che se va bene manco il prete saluta ancora."
"Lo sai, Neta mi ha incontrata ieri dal macellaio sotto l'Ala.Aveva uno sguardo."
"E tu?E tu?"
"Cosa vuoi che facessi.L'ho guardata bene dritta negli occhi.Come un peperone maturo è diventata.Bella razza di donna.Con rispetto, si capisce."
"Cecu mi dice che la sente sempre urlare in casa.Vai a sapere cosa combinano là dentro.Certo che suo padre è proprio un gran rompiscatole."
"Fatti suoi."
"Sarà meglio che vada.Domani andiamo alla Nisi a Moncalieri a ritirare una partita di cerchioni sport.Forse Burdeis mi lascerà guidare il furgone.Devo imparare bene , per quando arriverà il Topolino.In quel posto ai suoi di Neta."
"Il Topolino?Ma sei folle?con che soldi?"
"Dimentichi che dovevo sposarmi?I soldi van spesi, si vive solo una volta."
"Per questo mi piaci.Perchè sei deciso e sai la vita.Con Bertu, sai quello di prima, non sapevi mai niente.Le volte che mi ha lasciata da sola al ballo per andare a sbronzarsi.E pretendeva pure che pagassi e poi....Porco maiale schifoso.Vedessi con che occhi mi guarda quando passo sull'ala per venirti a trovare.Se la scorda quello, con la rèclame che gli ho fatto tra le mie amiche.Potrebbe prenderselo la tua Neta."
"Proprio.Manco la bici ha.L'ultima che gli hanno prestato è tornata senza raganella e fanale. Li avrà venduti per pagarsi una birra, povero diavolo."
"Come stai, Eroe?"
"Bene.Ma non chiamarmi più Eroe.Almeno tu.Quel nome mi va stretto come una maglia umida.Andrea: io sono Andrea, lo capiscono?Basta con la storia degli eroi, la guerra è finita!La mia guerra ora sono biciclette e soldi, donne e famiglia, futuro e paure.E non sono eroe più di quello che siamo tutti, nè più nè meno.Cristo, ma come ho potuto vivere in questo modo per tanti anni?Come ho potuto buttare nel fosso tante sere e tanta vita senza sapere?Mi sembra di aprire gli occhi solo ora , di vedere come un gatto appena nato."
"Tu vedi cose che noi qui manco col binocolo riusciremmo a vedere.Non è stata solo la guerra.Rischio parlava di te come un Dio, pochi riuscivano a entrargli nel cuore come hai fatto tu.Nessuno degli altri capiva le vostre cose,i vostri discorsi.Nemmeno io.Non che lo frequentassi, ma si vedeva che era un'altra razza.Come te."
"Bella razza di matti.Tu: come fai a sopportarmi?"
"Basta domande.Sono quelle che rovinano il mondo.Sei stanco?"
"Un poco.Dormirei qui, se ai tuoi vcchi non dispiace."
"Basta non dirglielo.Tra poco madre andrà a coricarsi, e se tu domani mattina scendi presto e non fai rumori..."
"Bene.Allora mi metto comodo."
"Anche io."
"Non dormi di là, sul sofà?"
"No, adoro l'odore di grasso."
"E di gomma."
"Soprattutto quella.E di libertà e di idee giuste."
"Di quelle cercherò sempre di profumare ,il più possibile.Promesso."

Gli ultimi raggi di sole , deboli e tenui, venivano dalla collina in fondo, tra le nuvole di una pioggia imminente.
Con gioia,con curiosità e gioia proprio, Eroe li volle immaginare forti e chiari, come l'alba di domani li avrebbe donati al loro sguardo.

lunedì 23 agosto 2010

Almeno hai provato.


Almeno proverò
Oltre il buio delle lacrime
Oltre i sogni che si infrangono lenti
Oltre le risate in cui illudersi sempre
Oltre al credere che tutto si avvera
Oltre ricordi lucidi e durissimi

Almeno abbiamo provato
A costruire qualcosa di fermo
A litigare per vivere
Ad amarci da morire
A vedere i giorni che verranno
A sperare in un domani migliore

Almeno provasti
A fingere amore
A credere nell'incredibile
A restare fuggendo
A piangere ridendo
A uccidere,
Non amando.

Almeno tu,
Tu hai provato.

mercoledì 4 agosto 2010

Martinique (sei)


Ti insegnerò

Ti insegnerò il cielo

Tenendoti la mano
Saprai nuvole e terre nuove
Essendo noi
Acque chete e liete
Tra turbini terrifici

Ti insegnerò strade

Tra tornanti tortuosi
Di appassionato declivio
Su cui adagiarci molli
Respirando Amore
L'uno nell'altra

Ti insegnerò il buio

che si ascolta in silenzio
tra le abbaglianti grida
di desiderii mai sopiti

Ti insegnerò il mio Mondo

di fiori rari e volgari
tra terre molto mie
e paesaggi lontanissimi
a me ancora sconosciuti

Ti insegnerò

Con parole mie.
Con preoccupazione.
Perchè tu sia di me.
Io:
Tuo.

giovedì 29 luglio 2010

La pioggia è gioia(capitolo otto)


La strada era dritta, lucida di pioggia.
Lasciata la curva secca della statale, Bepi si immetteva come una fucilata nella campagna e nelle mille luci delle cascine che a quell'ora accendevano come lumi i campi dorati.
Il Saturno 500 cantava a squarciagola la melodia del suo motore, aveva ora aperto il chiusino della marmitta posto sotto la sella, Ida nei suoi pensieri.
Da tempo faceva quella strada che portava al paesino col castello del Re, abbaini e portici umidi ovunque.
Lei abitava in una casa che dà su una via stretta , tutta coppi e chiacchere di balcone, e lì la vedeva ogni sera dopo il lavoro di meccanico.
"Ida me la sposo. Vedi che me la sposo.Magari nel 52".
Secca e ben rifinita, con quella malinconia che piaceva , l'aveva conosciuta al ballo dei Carabinieri in Primavera, e pur essendo uomo di vita , Ida diventava per lui un riferimento ogni giorno .
Perchè Ida capiva.
Ascoltava.
Sapeva parlare giusto.
Fidanzata sorella madre amica.
Da quando padre era morto, e la casa con la madre vedova pareva una bottiglia vuota su un tavolo da osteria, quella era la sua seconda casa e bene ci stava.
Per quello col tempo aveva smesso il Casino e le sere di vino con gli amici per la mezz'ora di moto e la tenerezza e l'affetto tra i meandri delle viuzze in pietra e muri di crosta.
Le nuvole preannunciavano un brutto temporale, ma Bepi non badava, avendo casco e giubbotto di pelle e sigaretta tra i denti.
La strada si faceva ora sempre piu stretta accanto alla bealera colma di acqua stagnante e le Gilera si che sono moto, pensò scalando la marcia tra boati e risucchi .
Qualcosa scivolò lesto nel buio, qualcosa rise beffardo sotto di lui.
"L'olio Diocristo"
Fu tutto ciò che pensò, insieme al suo sorriso e il bianco tenero delle cosce, che pareva ancora di toccare.
Poi nel buio tutto fu luce e asfalto e erba e calore e molle dolce e la terra che si faceva vicina, velocemente vicina.
"Morto ridendo" la madre spiegava tra le lacrime agli amici all'osteria.
"Sempre da quella.Maledetta lei e quella moto che Dio la stramaledica.Manco rotta.Solo mio figlio perdo."
Lacrime sgorgavano ora dagli occhi di Eroe, e c'erano le serate con Rischio e le sue parole e la sua allegria e la vita che portava dovunque.
La sua rabbia malinconia e forza, proprio forza e gioia e senso di uomo che parevano sostenerti e farti correre per strade impossibili.
"Eroe.Oh Eroe."
"Perchè?A cosa gli è servito vivere per morire ora?"
"Andava forte però."
"Cosa c'entra.Meglio che morire qui come una mosca nel vino, che muore allegra e chiusa non sapendo il mondo fuori.Bastarda vita bastarda , e bastardi voi tutti e me , più morti di lui che almeno sapeva cosa era vivere.Fottuti.Andava forte.Solo quello sapete dire.Almeno lui un senso lo trovava, lo offriva.aveva sofferto e sapeva cosa voleva dire star male.Vigliacchi."

"Andiamo.Andiamo via Eroe.Vieni con me."
La mano di Piera stringeva la sua con forza e nelle sue dita sentì, bene, complicità tenerezza passione e sicurezza, molta.
"Asciugati quel temporale, Andrea."
Da anni nessuno lo chiamava per nome,mai lo fece Neta, forse nemmeno madre da tanti anni.Neppure si ricordava di averglielo detto, quel nome,morto con lui tra i morti del passato.
L'ultima cosa che pensò,stupito, prima di baciarla tenero tra le sue mani che gli asciugavano le lacrime.

mercoledì 28 luglio 2010

Martinique 5 (ventottoluglioduemiladieci)


Noi

Buio di parole

Rotte dal silenzio

Di appassionata adorazione

Lenti rintocchi accompagnano

La voce del tuo sorriso

Dolcemente sicuri

Io in te

Tu in me

Noi.

mercoledì 21 luglio 2010

Martinique (4)


Insegnami


Insegnami il passo
che lesto e sicuro
mi conduca a te

Insegnami il sorriso
che turbine accenda gl'animi
di luce lieve e gaia

Insegnami ad accudirti,
a posare il mio animo
tra le pieghe delle tue nebbie

Insegnami il colore
che fulmine scoppi,
strepito di felicità.

Insegnami il bacio,
rubato e atteso
nell'amore più languido
(tu ridevi,ridevi, ridevi !!)

Insegnami l'ora lieta,
degli addii
che silenti
non giungono.

Insegnami:

Tu.

Insegna Noi.

venerdì 16 luglio 2010

Martinique (3)


Dipingi
d'un verde fruscio
queste arie tiepide
colora di pescarancio
i buii dell'anima
abbandona
nerifumi e grigiori
di nebbie
Di toni rossi e accesi
infiammami Passione
Di fiducia mesci
le migliori tinte
e stendile,
sicura la mano

Dipingi me.
Dipingi te.

mercoledì 14 luglio 2010

La pioggia è gioia (parte settima)


"Cosa è quel sorriso?Contacela giusta, Eroe."
"Nulla.L'altra sera."
"Lo sa mezza Bra dell'altra sera.Quella pettegola di Ghitina.Contaci cosa non ha visto, sotto le albere."

I bicchieri erano alti e scuri sul tavolo di legno, fumo attorno e bestemmie di cacciatori.
La giornata era stata stanchezza e impegno: il Commendatore aveva portato la vecchia Super R del padre per regolare la freneria.Chi non è ciclista non potrà mai tremare di gioia e sudore freddo nell'ammirare tutte le bacchette interne ai tubi del telaio, tanto belle da vedere quanto imposibili nella regolazione.
"Ne prendesse una nuova, Cumenda."
"Mai.Mio padre ha fatto debiti per questa bici.Un gioiello, diceva alla povera madre, mentre se la portava in camera da letto.Riparare!"

I raggi del mattino accendevano come candele cangianti le scaffalature in legno della bottega ed Eroe pensò di non riconoscersi in quella luce e quella felicità.
Quel bosco e mare di sorrisi e parole lo accompagnava anche ora tra i grassi e le fatiche del lavoro, e lui non fece nulla per nasconderlo.
"E Neta?"
"Chi è Neta?"

Burdeis rideva, ci teneva a quel giovanotto come al figlio che non aveva mai avuto.
Gli piaceva vederlo felice al lavoro.
"Vai come una sposa oggi Eroe!" sbraitò il postino sull'uscio, che da qualche minuto seguiva la complessa regolazione della freneria.
"E tu, te ne accorgi ora?"
La stessa allegria e forza portò nell'osteria quella sera.
Gli amici lo circondavano come un'attrazione e Eroe si volle godere ogni istante di quella celebrità.
"Com 'è, com'è?"
"Ma solo di quello sapete parlare?"
"Di quello è fatta una donna
"ricambiò Nadin, la cicca spenta tra i denti neri.
Pensava ora alle parole che uno scrittore diretto a Torino aveva rivolto alla cameriera, una sera che era stata partita a tresette e biliardo accanto alla stufa in ghisa nell'angolo.
"Decidere una donna a stare con un uomo, questo è il problema.Scendere in strada e parlarle e deciderla, questo un uomo deve sapere fare."
Ricordava la figura snella e la parlata della langa del Belbo, anche il suo nome,il Dottore disse forte, una volta uscito.
"Mavese, Colognese, Pavise..."
"Oh Eroe, che pensi?"
"Nulla, a un poeta che ho sentito"
"Eroe è innamorato:Pensa alla poesia.Povero buonuomo.Però che storia con Neta."
"Neta è morta!Morta!"
"Oh Eroe non scaldarti, prendi una pasta va."

Cumuli di rabbie agitavano in quel cuore, anni persi che tremulavano fiochi davanti al bicchiere e che occhieggiavano sornioni e beffardi tra le risa generali.
"Sei felice eroe?dì un po'."chiese Nadìn.
"Non lo so.Mai saputo poco come ora."
"Piera è una bella donna sicuro."
" Si ma non basta.Tre anni ho buttato."
"Per stringere Piera, van bene.Li darei io.Mai avuto una donna degna di nome.Tutti roiti."

"Bella è bella.Ma cosa dice Fonso?Lui cerca di parlarle da anni."
"Si fotte, Fonso.Ora Piera è mia."

"Puoi capire.Quello è dei Terlapini, gente grama.Avrai delle beghe."
"Venga quel perdiballe.Venga.Mai avuto tanta rabbia.Venga. Ne ho alto così per gente come lui."

"Tiri il colpo?"chiese Nuciu.
Forse.Mai stato così.Giovane, dico.E sicuro e coi coglioni."
Nadin e gli altri approvavano ridendo e bevendo a piccoli sorsi, tra le luci che andavano smorazandosi nella sera estiva.
Fu tutto ciò che pensò, insieme al ricordo delle sue labbra e quel bianco tenero sotto le mani, prima di vedere la madre di Bepi entrare nell'osteria , gli occhi di fuori.









Martinique (2)


Vicino alla sedia
c'è un tavolo
e sul tavolo
carta e penna
sulla sedia un uomo
pensa alla folgore
dei suoi capelli
e al bosco
nei suoi occhi
Pensa
quest'uomo
a un dono speciale
fatto di parole
(questa fu sua arte e consolazione)
Pensa alla sera
al prato
all'amore notturno
Quest' uomo
è stanco
non sa mescer verbi.

Stasera
una donna
Non riceverà poesia.

domenica 11 luglio 2010

Riderà.(Santena 10 Luglio 2010)


La notte fu strade nuove
visi amici e speranze
fra le calure della piana.
Antiche ruggini
fiere e ussare
solleticavano attenzioni
di curiosi avventori
tra la calca d'una afosa
Bianca notte.
Sotto il tendone
panini carni e birre
parvero tutta la terra promessa.
Passione ci unì
Tra selciati scuri
Paglia ai bordi e rade luci
vive ancora una volta,
tra muriccioli di crosta e
luci arancio.
Ascoltando.
Vedendo.
Respirando.
Attimi che valgono oro,
sapendoli noi cogliere.
(riderà stanotte il bimbo, al ricordo dello strano campanello)

venerdì 9 luglio 2010

Il prezzo dell'oro


Il prezzo dell'oro
pagai la presenza
della bionda donna,
il bimbo in braccio.

Non più moneta
ha il cuore,
ma vuoto e duro
e amari.

Il prezzo dell'oro
sconto nei migliori ricordi,
amara ipoteca
mai più estinta.

La pioggia è gioia (parte sesta)


Cacciatori aveva incontrato quella notte, sorpassandoli nel buio della campagna.
"Che diavolo.Dovrebbero smetterla.Poi si lamentano degli incidenti.Fessi."
Erano a bordo di una camionetta con faro e puntando la luce nei prati abbagliavano lepri immobili sparando loro con facilità.
Sentendosi a posto e molto decise di suonare il claxon nella campagna a perdifiato.
Si fottessero.
Perdiballe palloni gonfiati, sparare alle povere bestie.
Si cercassero una donna.
Uno sparò in aria, ma ormai Eroe era lontano, coi suoi pensieri.
"Cosa vuol dire innamorarsi di un'altra."
La sera era stata pastasciutta vino ballo e bella ragazza.
Non sapeva potesse accadere così in fretta, così subito.
Piera conosceva Neta da una vita, le era sempre piaciuto.
Sapeva delle sue occhiate golose quando la andava a trovare a casa e loro stavano parlottando tra donne.
Quegli sguardi un poco più lunghi gli rimestavano il sangue e fu lei ad andarlo a trovare, appena saputa la notizia.
Guardala qui, pensò.
"Ho una gomma che non tiene, cosa devo fare?"
"Lasciarmela un paio d'ore."
"E se la ragazza ricambiasse con una bella serata?"
"Niente di più facile.Basta dire di si"
"Bene.Fanno festa a Sanfrè, si potrebbe andare insieme al ballo.Si mangia bene."
"Stasera.Otto e mezza."

Il pomeriggio scorreva pigro e molle nell'officina, tra il suono di raggi in tensione e le ruote libere, leste in movimento sui cavalletti.
"Bravo.Così si fa.Sei un bravo ragazzo, sicuro."
Eroe approvava rimontando il copertone.
Parlava poco lavorando e quei complimenti di Burdeis lo riempivano d'orgoglio, avrebbe voluto urlare la sua rabbia paura viltà e gioventù, ma tacque, acconsentendo appena con un sorriso.
"E dov'è che vai così tirato?Via una avanti un'altra..Ai miei tempi..."
"Brava madre.Stai vicino alle balaustre, se no van giù.Stasera il bello esce."

Piera era puntuale e ritta sotto i portici, pareva una statua greca, pensò.
Le sue braccia subito strette dal sellino dietro e la sua confidenza dettero subito piega alla serata.
Arrivati allo slargo, imboccarono un portico dove era il parcheggio a pagamento per bici e moto .
Ritirato lo scontrino lei lo attirò subito in un affettuoso sottobracccio, risate e profumo, udì nitido.
Era quella la notte dove anche senza essere bravi e impegnati le cose prendono buon andamento da sole e bene, sistemandosi addosso come un maglione nuovo.
Come subito dopo la guerra, dove in ogni paese bastava un fazzoletto al collo e l'allegria per coricare ragazze a decine, nei prati di langa.
>Un bell'affare a lasciarti, la tua Neta."
"Affare per chi?"
"Per me.Si capisce"

Il legno delle panche era freddo e umido, urla e risate venivano da tutto il tendone nel fresco della notte che calava lenta.
Piera rideva e mangiava molto e bevendo barbera scurissima fece di tutto per fare rivoltare le budella a Eroe.
Paesani ridevano, di fronte.
Conoscevano forse la sua famiglia o quella di Neta e l'indomani avrebbero letto la vita a questo o quello nel negozio o davanti alla chiesa.
Che parlassero.
"Balli?"
"Con te, sempre."

Il ballabile diffondeva note sornione nel buio della notte, tra le lampade arancioni e i festoni appesi al poggiolo in alto.Dal microfono il cantante tendeva il collo nelle ultime note di Madonnina dai riccioli d'oro, e Eroe si sentì a posto.
Volle dirglielo, pure.
"Bene.Ma non è che puoi sentirti più a posto?"
"Dipende."
.
"Sono un po'stanca di gente, andiamo per prati."
"Non so se è il caso."
"Di cosa hai paura?Di quei quattro baciapile là?Ma vieni con me, te la faccio scordare subito la tua Neta."
"Questo non avresti dovuto dirlo."
"Oh va là, pieno di blaga.Ti ha lasciato.Lasciato!Goditi la vita, perchè sarai giovanotto ancora per poco.Vieni, turulot."

La mano era salda e piccola, nello scuro del sentiero di albere si sentivano gemiti e calpestio.
Anche con Neta fu così, si costrinse a pensare.
Poi fu il tenero e il bagnato e profumo e mani e bocche e lingua e capogiro, le sue mani subito sotto e la rabbia che urlava e godeva e le stelle che si facevano leste là in alto poi di nuovo l'umido e i suoi capelli e parole e lacrime, molte lacrime.
"Oh eroe, mi piangi adesso?"
"Ma stai zitta.Cosa ne sai."
"Se vuoi ne saprò.Mi piaci.Mi avrai mica preso per una di quelle?"

"Non hai aspettato molto."
"Le occasioni van sfruttate.No?"
"Giusto."

Un lampo illuminò il suo viso e pensò che quel viso greco e orgoglioso era uno dei più belli mai visti e per un istante dimenticò tutto, baciandola.
"Bravo.Ora ci capiamo."
"Si ci capiamo
."
Fu tutto ciò che disse, prima di sentirsela ancora tenera, nella rugiada della notte.

lunedì 5 luglio 2010

Martinique (1)


Sei il mare e la vigna.
Nei tuoi occhi vedo
il salmastro dell'onda
la forza dell'acqua cheta
che distrugge terre
e porge lieta
i doni più preziosi
D'uva e miele
sanno le tue labbra
di bevanda
più gradita agli dei
ristorano passioni
Sciogli i capelli
e ridi al sole

nessuno capirà

lo strano gioco di specchi.

domenica 4 luglio 2010

Uomo strano


Nei tuoi sonni
non sai di me
di questa stanza buia
dove sempre
fu disordine di libri
e di idee
di quel frutteto
che un dì abbandonammo
e ancora frutti offre
non conosci la strada stretta
ma amica
che giunge a me
i tuoi occhi non sanno
e io non so
i pensieri del mondo
Di chi mi chiama

Uomo strano.

Eri lassù-



Eri lassù
Dall'altra parte della montagna
immaginavo la scala che guarda sul vuoto
Il verde dei prati negli occhi
Il caminetto dove ci amammo
(fu buio e paure, ricordi?)
I radi sentieri di giallo e ocra
Le pietre che un giorno furono case
Qui non spunta nessuno
Siamo seduti per terra
Respirando piano i minuti
Ruscello e venti ci spiano
Quest'anima morta
non guarda le nuvole
che paiono andare e venire
da una vallata all'altra
Portando luce
Portando ombre.
Di là è il grano dei tuoi capelli
Un altro me
mieterà messi infuocate
godendo di quella valle
Tutta curve e sentieri
in cui perdersi fu bello.
Crinali separino i monti
Pietre di confine
Pietre di indipendenza.

sabato 3 luglio 2010

La pioggia è gioia (parte quinta)


Gli alberi del viale erano stupidamente in fila, ritti tra le ombre dei lampioni arancioni.
Per un poco stette a fissarli, con ostinazione.
Da un'ora tutto non appariva più nitido e chiaro come il giorno prima.
Bizzarro come ciò che fu il loro rifugio d'amore ora non apparisse che come una lunga lenta sterminata fila di alberi marciscenti.
D'un botto Eroe ingoiò i 3 anni con Neta,come un grappino di inverno dopo una mattinata di neve.
Porte che sbattevano, il rumore dei tacchi sulle scale, il pianto subito forte e bagnato sul naso le labbra e il colletto, le gambe molli e voglia di urlare correre,questo era stato quella sera dopo il campanello.
"Devi lasciar perdere.Non sarebbe giusto, per te e per me.Fattene una ragione.Non ti amo."
Fu quello il momento in cui le budella di Eroe si ritorsero e tutte quelle cose che sentite succedere ad altri siete voi e non è il film della domenica noioso e con il solito dolore intercostale del secondo tempo, siete voi e la pellicola non gira, ma va avanti e prosegue, fino al fondo prosegue.
"Ma diocristo, cosa ti salta in mente?Dopo 3 anni?"
"Appunto.Tre anni buttati, con un garzone.Ma svegliati, questa storia dell'eroe a chi la vuoi ancora dare a bere?Non manterrai una famiglia con storie di guerra e due raggi rotti."
"Tu e i tuoi.Pieni di zuppa coi vostri diplomi.Sapete fare nulla se non darvi arie.Pieni di bagna ."
"Come vuoi dare un'educazione a tuo figlio, se parli sempre cosi?Faccio bene a cercare un altro uomo, qualcuno che abbia un avvenire."

Un avvenire.
Lui che aveva quasi dato la vita per fare stare bene questi quattro tacchini che si erano nascosti chissàdove.
"Tu non sai nulla della vita, nulla.Ancora stavi attaccata alle gonne quando io sparavo per farvi stare come papi, e ora mi dici che non ho avvenire?Impiccati.Sicuro, dovreste impiccarvi tutti, vigliacchi!"
La panca era dura e secca, come il fiato che si faceva ora più corto e rotto.
Coppie di innamorati andavano lente verso la Piazza d'armi a cercar pace e fare l'amore.
A quello spettacolo avrebbe voluto insultare con tutta la forza loro e il maledetto giorno che si era fatto uomo e le sue voglie e i desideri e i sogni.
Maledetto il giorno che la vide piccola e si innamorò andando a chiedere al padre il permesso di parlarle.
"Cosa fai ?"
"Ciclista"disse secco.
"Che è come dire nulla."
"Aggiusto bici da 14 anni, me la tolgo."
"Studiato?"
"L'obbligo.Ma cosa serve a aggiustare bici."
"Serve a non fare figure con mia figlia, lei sarà maestra."

"Guidi?"
"La bici.Ma tra un anno prenderò il Guzzino."<

"Il Guzzino.Ma se io alla tua età guidavo il 500 Gilera."
Vecchio porco banfone.
Crepasse.
Le auto cambiavano lentamente marcia alla curva del Santuario, grattando in doppietta, e Eroe avrebbe voluto pensare un posto lontano mille miglia.
L'Australia forse, di suo zio Mino.
Con nessuno proprio nessuno che vi conosce.
Lavorando avrebbe vissuto.
Sicuro.
Gente nuova.
E bici.
Bici rotte e canguri.
A quei pensieri sorrise, pensandosi giovane e forte com'era.
La sera mandava le prime ombre dalla collina, radi anziani in bicicletta passeggiavano verso il Santuario per la preghiera della sera.
Uno lo salutò, riconoscendo in lui quel giovane che aveva aggiustato tanto bene la gomma della bici.
Eroe sentendo caldo e voglia di parole guardò orgoglioso la moto fiammante tra i raggi di sole, pensando già alla frescura e ai vecchi dell'Osteria.

mercoledì 30 giugno 2010

Un raggio di Noi


Pensieri che corrono liberi di gioia tra le pieghe degli animi tormenti.
Una rana che gracida serafica,nel buio.
Parole molto tue, lungamente attese.
Una terra promessa?
Questa mattina il sole porterà un raggio nuovo:
Noi.

(che i sogni siano sintomi, che i sogni siano segni)

sabato 26 giugno 2010

La pioggia è gioia (Parte quarta)


Ancora non sapeva di Neta quelle notti terribili in collina,passate in piedi con lo Sten sottobraccio durante i turni di guardia massacrantissimi.
Dopo l'8 settembre aveva deciso guardando in alto, verso la Langa che rifugiava chi come lui non ci stava a perdere Patria gioventù e famiglia.
Non ci mise molto ad ambientarsi con gli altri e a trascorrere giornate e notti sentendo bruciare dentro l'ardore di fare e combattere, ad ogni costo.
Certi giorni sembrava lontanissimo dalla quiete della bottega e dalle serate con gli amici sulla Rocca.
Quel timido garzoncello moriva giorno per giorno tra le rabbie e il sangue che bagnava la brulla e arida terra langhetta.
Eppure proprio quelle malinconie gli mettevano in corpo un'energia e una foga che il Comandante aveva subito saputo apprezzare e sfruttare a dovere.
Se c'era da mandare qualcuno affidabile e in fretta, nessun nome era quello giusto, se non il suo.
Per questo tutti lo rispettavano.
Perchè onesto e leale, senza grilli per la testa e con gli occhi di chi ha visto e non può perdonare.
Con quella malinconia dentro e rabbia, tanta, si gettò davanti a tutti lasciando il resto della truppa basito.
C'era stato un rastrellamento dalle parti di Castino, e il Comandante aveva mandato alcuni uomini per cercare di mettere in guardia le poche famiglie che ancora abitavano.
Pioveva secco,li sentirono prima ancora di vederli, da quel crinale.
L'accento secco e duro gli era entrato dentro come una spina, che vi fa male ogni volta che vi muovete ma che non potete togliere e solo godervela.
Ora erano a 600 700 metri di distanza, dietro a un pruneto folto che avvolgeva tutta la cascinetta.
Era quella una casa semidiroccata tra un boschetto che sarebbe stato un buon rifugio, se non si fossero accaniti come allora nelle rappresaglie.
"Maledetti.Bastardi figli del Porco Dio."
Bestemmiava sempre quando si trattava di decidere la vita e la morte di un altro uomo.
Se era soldato, tutto aveva un senso: un uomo in divisa con fucile che cerca di spararvi, tra i due si capisce che uno avrà la peggio.
Ma i vecchi.
Le donne.
I bambini.
Quello no, non lo capiva, e bestemmiava, e la rabbia cresceva, sempre.
"Si può fare niente.Solo guardare.Sono in troppi , e anche se proviamo ad avvicinarci ci coppano.Bastardi.Speriamo che non li fucilino ora, c'è anche una donna che aspetta."
Gli ordini venivano secchi e chiari.Se solo avesse capito cosa stava per accadere, il fiato non sarebbe stato calmo e freddo come sempre, in quelle attese.
Nelle lenti Bocia vedeva ora due soldati spingere la famigliola contro il muro dietro casa dove cresceva una vite, i mattoni blu di verderame.
"Fottuti.Li coppano.Nemmeno il bambino da nascere li ferma.Porci."
Qualcosa di bello e forte crebbe in lui, qualcosa che doveva sorgere dopo tanta attesa, tante notti e giorni di una vita che sentite belli e concreti come un bicchiere di vino in mano.
Una pietra rideva e ballava nel suo stomaco, come mai credette di sentire, nemmeno come durante quelle notti dietro a casa con lei che non diceva più di no, ma solo di stare attento.
Questo e le bestemmie dei compagni sentì scendendo col fiato rotto e consapevole, molto , mentre lo sten carico si puntava contro il primo e lo scoppio e la faccia che fece il soldato vedendolo e subito cadendo nel terreno fradicio e la famiglia con gli occhi smorti e spari e nessuna preoccupazione se non quella di fare bene e credere.
Nemmeno si rese conto della brigata che gli corse dietro e di Bocia che lo guardava come a dirgli Diocristo, i tedeschi che scappavano sparando gli ultimi colpi dalla strada sotto .
Fu da allora che divenne Eroe, scordandosi nome e cognome e ciò che era stato prima, un ragazzo come altri che di colpo diventa uomo.

lunedì 21 giugno 2010

La pioggia è gioia (Parte Terza)


Le nuvole della sera si radunavano in piccoli cumuli sopra i tetti di Via Umberto e qualcosa della notte vagava già tra i vicoli che sapevano d'umido e muffa.
Eroe usciva ora dall'officina ed era quella l'ora più stanca della giornata.
Operai ridevano soddisfatti sotto il tabellone dei risultati sportivi e anche a lui sarebbe piaciuto stare con loro e parlare di sport e pallone, oppure di Coppi, lui si che è un corridore.
Ma le nuvole seguivano ora un corso strano, parevano rincorrersi l'una contro l'altra senza mai avere un esito.
Per un poco volle seguirle, con ostinazione.
"Oh Eroe, povero Eroe.Chissà nel 2000 se ci saranno ancora nuvole.Chissà come saranno le bici?Se ancora ce ne saranno.Avrò 79 anni, sarà strano essere vecchi."
Intanto la stradina stretta finisce e di colpo tutta la luce che una sera come quella vi può offrire balza lesta oltre le mura, per stordirvi in un attimo.
"Cosa fai?Aspetti che piovano biglietti da 1000?Stasera la mamma di Ricu prepara le acciughe al verde, vieni?"
"Devo andare da Neta.Son due sere che non ci parliamo."
"Sempre attaccato alle gonne tu.Ma vieni con noi a divertirti invece di farti del sangue cattivo."
"Ma cosa ne sai, purilu?Vai a nasconderti che fai un affare"
"Ma guardalo.Lo prendo che guarda le nuvole in Piazza , lo invito a far festa e per poco non mi cartona.Devi lasciarla perdere quella, ti stai rovinando."

La piazza era luminosa e vuota, rivoli di polvere si sollevavano ai lati e mai come in quel momento Eroe avrebbe voluto essere come quei Cow boy americani , sapete quelli che camminano sempre a testa alta e al primo insulto vi sparano.
"Ma cosa è quella faccia?Hai litigato col padrone?"
"Mie faccende."
"Ma che rispetto.Avessi detto io così a Padre, non tornavo per un mese.Con Neta.Aggustate le cose, o datevi cammino.Così non va."
"Al diavolo.Sapete nulla di me.Nulla."

Il crepitare secco del Guzzino accendeva una nota stridula per la via Vittorio, lasciando dietro di sè una nuvola acre di miscela all'otto percento.
Così' non andava.Quella sera avrebbero parlato, costasse quel che costasse.
Col padrone a guardar storto mentre una lacrima scendeva sui nippli.
Era già la seconda ruota che sbagliava, qualcosa doveva cambiare.
Amava Neta.
Col suo sorriso semplice ma complice aveva trascoros i più bei giorni della sua vita.
Sembrava ieri il giorno della Liberazione, con lei piccola ma sorridente e già molto donna sotto quel cappuccio che quasi la nascondeva.
Non sapeva ancora i bei giorni che sarebbero venuti.
Non le scampagnate in bici, poi col sudato Guzzino, per le colline di Langa e pei boschi roerini.
Non le gioie fortissime e i sogni e le speranze e le volontà di ogni giorno di ogni uomo per ogni cosa, che erano cresciute forti in quel cuore.
Le finestre all'ultimo piano erano illuminate a giorno e col cuore in gola ma deciso, fino in fondo deciso, Eroe calcò il pollice sul campanello.

domenica 20 giugno 2010

La Pioggia è gioia (parte seconda)


Il gorgogliare del caffè riempiva l'aria, mentre Eroe si lavava la faccia attingendo acqua al catino.
Dalla finestra poteva udire il vociare delle vecchie che si recavano al mercato del venerdì e lo scoppiettare di una motocicletta.
Era Nuciu con la sua Matchless 350 residuato bellico che si recava al mercato dei polli, cassetta di volatili vivi ancorata sul portapacchi.
Come facesse a marciare quel trabiccolo, si disse.
La madre chiamava ora a gran voce dalla cucina, così da almeno 20 anni.
"Che diavolo" si disse.
"Quando ti metti un po' a posto.Hai già il pelo bianco e noi un piede nella fossa.Cosa aspetti?"
"Ne abbiamo parlato.Non è il caso, madre."
"Non è il caso, non è il caso, quella testa di pietra di tuo padre non lascia passare sera che non tiri un pugno sul tavolo pensando a te.Sei in gamba, potresti avere una bottega, hai risparmi, sposare Neta."

"La fate facile voi.I tempi sono cambiati.E poi non me la sento ancora.Sono affar miei, in fondo."
"Ah si, ma i vicini cosa pensano a vederti ancora con noi, un uomo fatto e finito?"
"Si fottono i vicini, ecco cosa penso."
"Ma che linguaggio."
"Linguaggio.Come non avessi fatto la guerra.Solo sei anni fa non si guardava se uno stava coi suoi a 30 anni o diceva una parola sporca.Si trattava della pelle.Guardali ora, solo più buoni a origliare e trovare una scusa per accusare.Buoni a nulla."
"Calmati, era per dire.Non è il caso di scaldarsi."
"Un corno. le cose o si dicono o si sta zitti.E se vuoi sposare tu neta, accomodati."
"perchè?Cosa non va?è una brava ragazza."
"Parliamo d'altro.Parliamo d'altro."

"Ma che robe.ai miei tempi non succedevano di queste cose.Si parlava.Ma si che voi giovani non siete più buoni a dirvi le cose."
"Questo non avresti dovuto dirlo."

Eroe non prendeva mai baracchino, l'officina di Burdese era giusto un isolato da casa sua e in due passi poteva tornare a casa per il pranzo.
Succedeva talora che invece di tornare si fermasse con gli amici all'osteria dell'Angelo in quella via stretta di ciottoli che tanto amava, suscitando le ire del padre.
"Ti mangi quei pochi che metti da parte in tagliatelle e barbera.Povero fanflùch, non sai come va la vita."
A quelle parole Eroe non replicava più.
Da anni aveva smesso di parlare con lui e nemmeno questo era stato un bene.
Per fortuna aveva trovato in Burdeìs qualcosa in più di un padrone.
Lo aveva preso a bottega a 12 anni, aveva visto in lui la stoffa del ciclista dai primi mesi .
Mai si era pentito di lui.
Col tempo Eroe si era aperto, arrivando a parlare della sua vita e ricevendo consigli e conforto.
"Stasera è sabato e tu sei giovane.Vai a lavarti e farti bello per la tua sposa.I conti son già aggiustati.".
D'altronde Eroe lavorava di buona lena,negli anni aveva imparato a raggiare e raddrizzare telai tanto bene che persino alcuni ciclisti più anziani venivano per consigli da lui.
"Burdeis sei Signore.Col garzone che hai, puoi appendere al chiodo la tuta."
Tutti andavano volentieri da Burdese.
Il piccolo ciclista onesto nei prezzi e simpatico dava sempre garanzia che la bici venduta o la riparazione avrebbero tenuto per molti anni.
Questo aveva insegnato a Eroe.
Che l'onestà paga.
Sempre.
Perchè al mondo si deve andare a testa alta, costi quel che costi.
Per questo e molto altro, entrando notò subito l'espressione torva del giovane quel mattino.
"E allora?Cosa capita stamattina?"
"Tante cose, tante cose."

sabato 19 giugno 2010

La pioggia è gioia (Parte prima)


Le sirene della conceria Tallone suonavano già per la seconda volta.
La nenia di sapore bellico andava scemando in toni via via più smorzati e lamentosi,intanto che sciami di ciclisti in tuta blu attraversavano la piazza della stazione e oltrepassavano il passaggio a livello che separa la zona industriale da quella civile di Bra.
Era mattina presto, tutti con frenesia e con l'immancabile baracchino in alluminio a tracolla o appoggiato alla canna della bici , preparato da mamme o mogli, si affrettavano a raggiungere il posto di lavoro alla conceria o alla fabbrica chimica in tempo per non farsi appioppare la temutissima multa.
Erano quelli i tempi in cui bastava appena alzare lo sguardo perchè il caporeparto affibbiasse multe di 5 o 10 lire, non guardando in faccia nulla e nessuno.
I più fortunati lavoravano a bottega o in un negozio proprio, pur dovendo fare conti con padroni abili e geniali, ma spesso despoti incalliti.
Per quello il ciclista Eroe dormiva sonni profondi alle 745 di quel 10 Giugno 1950.
Il suo padrone, Burdese Domenico detto Burdeìs l'cit, apriva bottega alle 830 , così da poter dormire in santa pace oltre i tempi delle fabbriche.
Aveva 29 anni ormai, dopo 17 anni di apprendistato e una guerra in mezzo, avrebbe potuto mettersi in proprio e sposarsi con la sua Neta.
E si che i genitori glielo ricordavano tutti i giorni, ma che fretta c'era?
Burdeìs era un buon padrone e con Neta parlare di matrimonio era sempre stato difficile per via dei suoi.
"Ci vuole altro che un ciclista per te.Devi trovare di meglio."

Questo e molto altro ancora aveva sentito dalla finestra in alto una sera, andandola a prendere.
Le discussioni che non erano volate, quella sera d'inverno che era tutta ghiaccio e alberi penduli di neve.
"Lo so che sei onesto, ma i miei vorrebbero qualcuno più sistemato. Sai come sono."
Eccome se lo sapeva.
Dopo 3 anni nemmeno uno sguardo e saluti gelidi con commiserazione e sufficienza negli occhi di chi odia e non nasconde.
Questo non digeriva.
Perchè Eroe è bravo.
Ha fatto la guerra senza far torti a nessuno.
Lavora e sa cosa è la vita.
Dove proprio perchè sei bravo e non ammazzi nessuno non sei ricco.
Sa raggiare le ruote come nessun altro.
Che ne trovassero un altro di merlo, a quella lì.
Piena di zuppa, lei.
Queste furono le prime cose che pensò alzandosi lentamente quella mattina, tra i primi raggi di luce che filtravano sornioni tra le fessure delle gelosie semiaperte.

Si ri-comincia(la pioggia è gioia)


L'alba di oggi ha portato la pioggia.
Qualocosa in me è germogliato.
Amo sempre le bici e le mie galline , curo l'orto e ogni tanto (!!) faccio anche lo psicologo.
Davanti ad un albero maestoso sotto il diluvio ho avuto tutto molto chiaro(la pioggia è gioia).
Comincia una parte nuova che merita di essere raccontata.
Da oggi, quasi quotidianamente , pubblicherò i capitoli di un nuovo romanzo.
In diretta.
Esso sarà "La pioggia è gioia".
Saremo a Bra nel 1950 e seguiremo le vicende di Eroe, ciclista e sognatore.
Tenetemi compagnia, ne ho davvero bisogno.
Spero di ricambiare.

mercoledì 16 giugno 2010

Piove


La sera iniziava a mandare riflessi rossastri tra le spighe del grano,mentre Eroe attraversava col Guzzino la pianura infuocata.
Era scoppiato un giugno di tigli e gambe nude e la campagna si apprestava ora a ricevere la sua porzione di frescura notturna.
L'osteria era tra due case , e si raggiungeva solo dopo un rettilineo terribile come una fucilata di quasi cinque chilometri.
Eroe non lesinò col manettino dell'acceleratore, quella volta.
Appoggiata la moto al grosso platano dietro, potè rincuorarsi nelle rughe dei vecchi immobili ai tavoli, che con un cenno del mento salutarono il nuovo venuto.
Che non conoscevano, ma conoscevano il padre o il padre di suo padre, e per questo Eroe era Qualcuno.
"Barbera"ordinò .
Eroe era il fidanzato di Neta e si parlavano da quasi 3 anni.
Tutti si aspettavano matrimonio e figli e tutto il resto, ma fu come una pugnalata quando lei gli annunciò candidamente di non amarlo per nulla e di ritenersi pure libero.
"Fottuto, e tanto.Come lo sono."
"Eroe !Sono i pensieri d'amore che ti fanno bere?"
"Ma vai a sotterarti, panada.Mai stato con una donna, tu."
"Non scaldarti il piscio.Sarai mica il primo a mangiare la porrata."

A quelle parole Eroe deglutì tutta la bile che aveva in gola.
Dovete sapere che da queste parti offrire porrata a qualcuno appena bidonato è gesto per schernire le sue rabbie e le sue corna.
Intanto fuori l'aria andava tingendosi di colori sempre più scuri e l'atmosfera dell'osteria si permeava di fumo di Nazionali e sigari dei possidenti.
Un vecchio aveva attaccato la canzone "Piove, su questo amore...ora piove..." e coi denti neri scandiva bene le parole battendo pugni sul tavolo.
I compagni lo incitavano alzando bicchieri e dipanando lenti sorrisi di approvazione.
Sarebbe bello, pensava Eroe, che la sera si dispiegasse senza troppi pensieri, con una donna che vi aspetta, magari non troppo seria, per dare un senso a quei vuoti che prendono finito il lavoro.
La canzone fu interrotta di colpo da un cupo tuono in lontananza, scandito da andirivieni di risucchi secchi e rauchi,man mano che si avvicinava.
Solo i più vecchi non si alzarono dal tavolo, riconoscendo nel ruggito l'ultimo acquisto di Bepi detto Rischio, una Saturno Gilera di 500cc che si favoleggiava volasse a 200 all'ora per le stradine del braidese.
Ovviamente i chilometri erano proporzionali all'immane ruggito che la proclamava vincitrice su tutte le altre, ma a questo Eroe non importava molto ,quel 16 Giugno.
"Ehi eroe quando facciamo una gara io e te?"
"Vieni a bere una volta e non fare tanto il galletto"
Bepi, col suo giubbotto nero di pelle, il casco e la sigaretta tra le labbra, è una di quelle persone che riesce sempre a mettere tutto a posto, con lui i discorsi prendono pieghe imprevedibili e inaspettate, per quello Eroe amava tanto la sua compagnia.
"Cosa vuoi.Sono donne.Avrà trovato il merlo che canta meglio di te. Oppure avrà attaccato il cappello a qualche pagliaio più bello.Non pensarci.Stasera ti porto dietro a 200 all'ora in un posto che vedrai che robe.Una è francese, vedrai che robe."
Bepi aveva sempre proposte così alettanti che pochi riuscivano a dire di no, ma dovette tribolare non poco a smuovere Eroe dal suo torpore .
"Cosa aspetti?La settimana dei tre giovedì?Dai sbrigati, che poi quelle chiudono bottega e ciao nineta!"
Un vecchio che origliava si girò, e Eroe parve capire tutto e subito, bene, nell'occhiata ammiccante che gli diede fugace.
Sicuro, son donne.
Son cose che succedono, che diamine.
A ventinove anni non si è vecchi.
Siamo sempre uomini coi coglioni voglie rabbie e malumori.
Una sera è davanti a noi, con avvenimenti e gioie che paiono non aspettare altro che offrirsi al nostro godimento.
Tutto questo pensò Eroe, pur non sapendolo bene, ancora, avvinghiato dietro all'amico nel buio della notte, avvolto dal frastuono gutturale che pareva lanciare tutta la disperazione e la voglia di vivere del suo cuore.

domenica 13 giugno 2010

Bang!Bang!Di colpo lei..Bang!Bang!


Come una fucilata in mezzo agli occhi fu l'emozione che provai a quel mercatino di Novembre.
I caricatori erano scarichi, ma una puntatina a un malato come me, seppe ancora giocarsela.
E vinse.
Fidanzata preoccupata (di miei eventuali acquisti...) e gelo polare , mi facevano procedere circospetto tra il ciarpame.
Ai mercatini delle pulci trovo sempre fanali e giargiatule varie, quasi mai bici.
Sbiancammo entrambi quando all'angolo apparve il mucchio di ruggine che era la di cui sopra..
Ella temendo per gli interni della sua macchinina, io per la brama di averla all'istante.
"Deve essere una Bianchi, c'è una B sui pedali!"
"Come no!Per me la sigla BSa era incontestabilmente un Bisogna Subito Averla!"

Inoltre, parcheggiata accanto, una bella Gerbi Diavolo Rosso a mezza corsa, anni 40.
Poverette, mi dico.
Poveri noi, dice la fidanzata.
Raggiunto un accordo dopo una trattativa che mi avrebbe consentito una Laurea in Trattative Arabe al Suk, carichiamo entrambe le belve sulla povera macchinina.
A casa i tre fucili sono davvero scarichi e arrugginiti, ma man mano scopro deliziosi particolari: pedali marcati, ma con oliatori!
Mozzi Bsa a oliatore e frenata al manubrio davvero particolare, con un sistema simile alla Dei, ma doppio.
Carter in due pezzi, con alcune stagnature come non se ne vedono più.
Doveva amarla molto il suo padrone, prima di abbandonarla.
Passano i mesi e solo la sorellina trovata dal buon Max mi mette voglia di terminare i lavori.
Sono contro la caccia per eccellenza , ma questi tre fucili li terrò ben oliati.
Non si sa mai.

venerdì 28 maggio 2010

Robe du 50


Nadin Bergunsola e Gipi l'bel avevano poco da fare in quel torrido luglio del 1950, per le vie di Bra.
Si che tra poco cominciavano le sagre paesane piene di belle figliole e vino a litri, ma per combattere come si deve quelle tre del pomeriggio afoso braidese, pieni di vita e senza un picchino in tasca, serviva fantasia e molto coraggio.
"Farei un giro al San matteo, all'osteria del Barbabuc.Servono angurie fresche e cocacola."
"Fottiti. Parlami di angurie e cocacola sotto sto caldo.Chi paga poi?"
"Bertu dla Mota.Siamo amici. Sicuro, paga lui. Aggiustiamo poi noi.Solo, arrivarci."
"Arrivarci."
Ora, per chi non è di Bra, serve sapere che San Matteo è una frazione in collina molto bella, con chiesetta e osteria, ma così in cima che se non avete macchina o motocicletta, dovete avere per forza buoni plomoni per spingere come dannati sui pedali della bicicletta o armarvi di santa pazienza per fare i sei tornanti ripidissimi.
"Avere una bici."
"La mia l'ho prestata a Cecu. mai più vista, nè lei nè cecu."
"Chi ha bici a quest'ora?"
"Burdeìs.andiamo dal ciclista."
"Col cavolo.Gli devo ancora due riparazioni di gomme.Se mi vede mi impicca"
"Tu vieni con me e stai zitto."
La piazza era calda e deserta, l'aria sapeva di polvere e le piante del viale promettevano frescura e refrigerio.Dalle officine venivano i rintocchi dei martelli dei fabbri e dei conciapelle, che di li a poco avrebbero fatto la merenda con due spanne di salsiccia e il mès liter.
Il ciclista BUrdeìs era chino su una balloncina intento alla bestemmia , i cavallotti dei freni non tornavano e il cliente si era già lamentato più di una volta.
Dopotutto sul canotto c'era il suo nome e non voleva sfigurare, una bici di 10 anni appena, che figure.
Come li vide alzò appena lo sguuardo, ammiccando al debitore.
"Burdeìs, il mio amico qui vuole pagarti..."
Alla parola pagare , tanto Nadin quanto Burdeis fecero tanto d'occhi.
Nadin come a dire Diocristo, ma se non ho una lira in tasca, Burdeìs solo stupito, ma divertito anche, sicuro, un diversivo in quella calura dannatissima.
"Paga nadìn, come prendi la paga tutte le volte che sali su una bici".
Nadìn, che era squattrinato ma furbo, capì al volo.
"ma stai bravo, che non stai in piedi manco con una bastone di diecimila .fanfluù, fafiochè..."
Gli insulti volavano sempre più accesi, menter il divertito Burdeìs, assisteva seduto sullo sgabello unto.
"Pistola d'un balengo, avessi qui una bella Bianchi vedi come te suono.Pieno di zuppa, tu."
"Su su , state bravi. Ho giusto bisogno che qualcuno provi questa ballonetta.allora, Nadìn prendila.
E tu, Gipi, vediamo se parli ancora mentre pedali questa.Diocristo, una Bianchi nuova di pacca, del 49.Fammi una riga e te la faccio mangiare."
"Ci saranno cinquecento metri da qui al distributore al fondo?"
"Sicuro.Fate i bravi, mettetevi in riga"
"Gli faccio mangiare la polvere a questo badola.dagli 100 metri di vantaggio.Su!!"
A nulla valsero le richieste.
Mentre Burdeìs li metteva in riga e dava il via,i due partvano come forsennati ,come inseguiti da un demonio .
"Sei poi tu che ci hai dato il via!"
Divertito, Burdeìs decise di sedersi al fresco per aspettare meglio.
Ancora dopo un'ora la piazza era calda e secca , col sole alto che bruciava gli infissi in legno e mandava in alto la fragranza dell'olio sparso a terra.

mercoledì 12 maggio 2010

Ti guardo, ma non ti vedo.Non parli, ma ti ascolto.


Ciò che guardo ma non vedo sono le cose che non m'attirano, e che non possono esser viste da chi veder non vuole e nemmeno sa.
Particolari in chiaroscuro dal tono sfumato, una perla per l'occhio allenato.
Sono le parole che fuggono veloci e indolori, mentre altre tagliano con la precisione del chirurgo, nell'indifferenza di una conversazione stanca.
Sono le bici che non han nome e parlare non possono, mentre compagne altrettanto mute possono con la sola forza del blasone e della polvere lieve catturare il mio sguardo e il mio tempo.
Vorrei poter vedere in un lampo ciò che già esiste ma ancora ignoro.
Le parole dolci, la luce più tenue,gli abbracci e insieme l'oggetto nascosto che mi aspetta.
Vorrei poter nascondere le infinite rabbie e i dolori c che io solo e per me solo offuscano ore liete e serene, cancellando d'un botto quelle dannate sensibilità che mi legano a una percezione miseramente umana.
Un sogno d'un istante, svanito nel momento del compimento.

sabato 1 maggio 2010

Certe sere, in Langa...


Gepe tutte le sere, dopo il lavoro, andava su per la collina a trovare la sua Pierina.
Erano dieci chilometri di stradacce a tiraculo su dalla Morra, e ci volevano bei polmoni e gambe e voglia, molta voglia, per trovare l'energia di spingere sulla sua Prina in verde.
Telaio in ferraccio ex bacchetta ma parafanghi cerchi freni manubrio portaferri pedali e persino fanali in alluminio.
I tempi bui di guerra erano appena scomparsi, bisognava lavorare secco dalle 6 del mattino alle 8 di sera,pausa mezz'ora , e non fiatare, per permettersi quel lusso di alluminii e sportività.
Gepe era il figlio del capomastro , e ogni sera bestemmiando reclamava il suo diritto alla Della Ferrera 600 cassonata del padre, sulla quale si caricavano ogni santa mattina due operai e boglioli e cementi vari.
"Serve per il lavoro e non per i divertimenti!Va in bici che sei giovane..."
Questo era il mio bisnonno e lui lo rispettava, perciò con la rabbia dentro, ma anche voglie, pedalava quei dieci chilometri d'inferno per stare un momento con la sua amata.
Solo dopo qualche lotta era arrivato il cambio Simplex a 3 velocità, che rendeva meno forti quelle salitacce da infarto.
Tra i giovanotti era di certo il più invidiato, avendo bici sportiva fidanzata e padre con la moto.
Tornare vivi dalla guerra era stato già molto, ma ora, oltre al lavoro, si doveva pensare al futuro, al 49 che stava arrivando lesto dopo un'estate calda e tormentata.
La sera mandava già odori di terra e di albere e voci si perdevano tra i filari di uve.
Tutte queste cose,e molto altro ancora, Gepe le pensava tra un tornante e l'altro, la sua bella in mente.