giovedì 29 luglio 2010

La pioggia è gioia(capitolo otto)


La strada era dritta, lucida di pioggia.
Lasciata la curva secca della statale, Bepi si immetteva come una fucilata nella campagna e nelle mille luci delle cascine che a quell'ora accendevano come lumi i campi dorati.
Il Saturno 500 cantava a squarciagola la melodia del suo motore, aveva ora aperto il chiusino della marmitta posto sotto la sella, Ida nei suoi pensieri.
Da tempo faceva quella strada che portava al paesino col castello del Re, abbaini e portici umidi ovunque.
Lei abitava in una casa che dà su una via stretta , tutta coppi e chiacchere di balcone, e lì la vedeva ogni sera dopo il lavoro di meccanico.
"Ida me la sposo. Vedi che me la sposo.Magari nel 52".
Secca e ben rifinita, con quella malinconia che piaceva , l'aveva conosciuta al ballo dei Carabinieri in Primavera, e pur essendo uomo di vita , Ida diventava per lui un riferimento ogni giorno .
Perchè Ida capiva.
Ascoltava.
Sapeva parlare giusto.
Fidanzata sorella madre amica.
Da quando padre era morto, e la casa con la madre vedova pareva una bottiglia vuota su un tavolo da osteria, quella era la sua seconda casa e bene ci stava.
Per quello col tempo aveva smesso il Casino e le sere di vino con gli amici per la mezz'ora di moto e la tenerezza e l'affetto tra i meandri delle viuzze in pietra e muri di crosta.
Le nuvole preannunciavano un brutto temporale, ma Bepi non badava, avendo casco e giubbotto di pelle e sigaretta tra i denti.
La strada si faceva ora sempre piu stretta accanto alla bealera colma di acqua stagnante e le Gilera si che sono moto, pensò scalando la marcia tra boati e risucchi .
Qualcosa scivolò lesto nel buio, qualcosa rise beffardo sotto di lui.
"L'olio Diocristo"
Fu tutto ciò che pensò, insieme al suo sorriso e il bianco tenero delle cosce, che pareva ancora di toccare.
Poi nel buio tutto fu luce e asfalto e erba e calore e molle dolce e la terra che si faceva vicina, velocemente vicina.
"Morto ridendo" la madre spiegava tra le lacrime agli amici all'osteria.
"Sempre da quella.Maledetta lei e quella moto che Dio la stramaledica.Manco rotta.Solo mio figlio perdo."
Lacrime sgorgavano ora dagli occhi di Eroe, e c'erano le serate con Rischio e le sue parole e la sua allegria e la vita che portava dovunque.
La sua rabbia malinconia e forza, proprio forza e gioia e senso di uomo che parevano sostenerti e farti correre per strade impossibili.
"Eroe.Oh Eroe."
"Perchè?A cosa gli è servito vivere per morire ora?"
"Andava forte però."
"Cosa c'entra.Meglio che morire qui come una mosca nel vino, che muore allegra e chiusa non sapendo il mondo fuori.Bastarda vita bastarda , e bastardi voi tutti e me , più morti di lui che almeno sapeva cosa era vivere.Fottuti.Andava forte.Solo quello sapete dire.Almeno lui un senso lo trovava, lo offriva.aveva sofferto e sapeva cosa voleva dire star male.Vigliacchi."

"Andiamo.Andiamo via Eroe.Vieni con me."
La mano di Piera stringeva la sua con forza e nelle sue dita sentì, bene, complicità tenerezza passione e sicurezza, molta.
"Asciugati quel temporale, Andrea."
Da anni nessuno lo chiamava per nome,mai lo fece Neta, forse nemmeno madre da tanti anni.Neppure si ricordava di averglielo detto, quel nome,morto con lui tra i morti del passato.
L'ultima cosa che pensò,stupito, prima di baciarla tenero tra le sue mani che gli asciugavano le lacrime.

mercoledì 28 luglio 2010

Martinique 5 (ventottoluglioduemiladieci)


Noi

Buio di parole

Rotte dal silenzio

Di appassionata adorazione

Lenti rintocchi accompagnano

La voce del tuo sorriso

Dolcemente sicuri

Io in te

Tu in me

Noi.

mercoledì 21 luglio 2010

Martinique (4)


Insegnami


Insegnami il passo
che lesto e sicuro
mi conduca a te

Insegnami il sorriso
che turbine accenda gl'animi
di luce lieve e gaia

Insegnami ad accudirti,
a posare il mio animo
tra le pieghe delle tue nebbie

Insegnami il colore
che fulmine scoppi,
strepito di felicità.

Insegnami il bacio,
rubato e atteso
nell'amore più languido
(tu ridevi,ridevi, ridevi !!)

Insegnami l'ora lieta,
degli addii
che silenti
non giungono.

Insegnami:

Tu.

Insegna Noi.

venerdì 16 luglio 2010

Martinique (3)


Dipingi
d'un verde fruscio
queste arie tiepide
colora di pescarancio
i buii dell'anima
abbandona
nerifumi e grigiori
di nebbie
Di toni rossi e accesi
infiammami Passione
Di fiducia mesci
le migliori tinte
e stendile,
sicura la mano

Dipingi me.
Dipingi te.

mercoledì 14 luglio 2010

La pioggia è gioia (parte settima)


"Cosa è quel sorriso?Contacela giusta, Eroe."
"Nulla.L'altra sera."
"Lo sa mezza Bra dell'altra sera.Quella pettegola di Ghitina.Contaci cosa non ha visto, sotto le albere."

I bicchieri erano alti e scuri sul tavolo di legno, fumo attorno e bestemmie di cacciatori.
La giornata era stata stanchezza e impegno: il Commendatore aveva portato la vecchia Super R del padre per regolare la freneria.Chi non è ciclista non potrà mai tremare di gioia e sudore freddo nell'ammirare tutte le bacchette interne ai tubi del telaio, tanto belle da vedere quanto imposibili nella regolazione.
"Ne prendesse una nuova, Cumenda."
"Mai.Mio padre ha fatto debiti per questa bici.Un gioiello, diceva alla povera madre, mentre se la portava in camera da letto.Riparare!"

I raggi del mattino accendevano come candele cangianti le scaffalature in legno della bottega ed Eroe pensò di non riconoscersi in quella luce e quella felicità.
Quel bosco e mare di sorrisi e parole lo accompagnava anche ora tra i grassi e le fatiche del lavoro, e lui non fece nulla per nasconderlo.
"E Neta?"
"Chi è Neta?"

Burdeis rideva, ci teneva a quel giovanotto come al figlio che non aveva mai avuto.
Gli piaceva vederlo felice al lavoro.
"Vai come una sposa oggi Eroe!" sbraitò il postino sull'uscio, che da qualche minuto seguiva la complessa regolazione della freneria.
"E tu, te ne accorgi ora?"
La stessa allegria e forza portò nell'osteria quella sera.
Gli amici lo circondavano come un'attrazione e Eroe si volle godere ogni istante di quella celebrità.
"Com 'è, com'è?"
"Ma solo di quello sapete parlare?"
"Di quello è fatta una donna
"ricambiò Nadin, la cicca spenta tra i denti neri.
Pensava ora alle parole che uno scrittore diretto a Torino aveva rivolto alla cameriera, una sera che era stata partita a tresette e biliardo accanto alla stufa in ghisa nell'angolo.
"Decidere una donna a stare con un uomo, questo è il problema.Scendere in strada e parlarle e deciderla, questo un uomo deve sapere fare."
Ricordava la figura snella e la parlata della langa del Belbo, anche il suo nome,il Dottore disse forte, una volta uscito.
"Mavese, Colognese, Pavise..."
"Oh Eroe, che pensi?"
"Nulla, a un poeta che ho sentito"
"Eroe è innamorato:Pensa alla poesia.Povero buonuomo.Però che storia con Neta."
"Neta è morta!Morta!"
"Oh Eroe non scaldarti, prendi una pasta va."

Cumuli di rabbie agitavano in quel cuore, anni persi che tremulavano fiochi davanti al bicchiere e che occhieggiavano sornioni e beffardi tra le risa generali.
"Sei felice eroe?dì un po'."chiese Nadìn.
"Non lo so.Mai saputo poco come ora."
"Piera è una bella donna sicuro."
" Si ma non basta.Tre anni ho buttato."
"Per stringere Piera, van bene.Li darei io.Mai avuto una donna degna di nome.Tutti roiti."

"Bella è bella.Ma cosa dice Fonso?Lui cerca di parlarle da anni."
"Si fotte, Fonso.Ora Piera è mia."

"Puoi capire.Quello è dei Terlapini, gente grama.Avrai delle beghe."
"Venga quel perdiballe.Venga.Mai avuto tanta rabbia.Venga. Ne ho alto così per gente come lui."

"Tiri il colpo?"chiese Nuciu.
Forse.Mai stato così.Giovane, dico.E sicuro e coi coglioni."
Nadin e gli altri approvavano ridendo e bevendo a piccoli sorsi, tra le luci che andavano smorazandosi nella sera estiva.
Fu tutto ciò che pensò, insieme al ricordo delle sue labbra e quel bianco tenero sotto le mani, prima di vedere la madre di Bepi entrare nell'osteria , gli occhi di fuori.









Martinique (2)


Vicino alla sedia
c'è un tavolo
e sul tavolo
carta e penna
sulla sedia un uomo
pensa alla folgore
dei suoi capelli
e al bosco
nei suoi occhi
Pensa
quest'uomo
a un dono speciale
fatto di parole
(questa fu sua arte e consolazione)
Pensa alla sera
al prato
all'amore notturno
Quest' uomo
è stanco
non sa mescer verbi.

Stasera
una donna
Non riceverà poesia.

domenica 11 luglio 2010

Riderà.(Santena 10 Luglio 2010)


La notte fu strade nuove
visi amici e speranze
fra le calure della piana.
Antiche ruggini
fiere e ussare
solleticavano attenzioni
di curiosi avventori
tra la calca d'una afosa
Bianca notte.
Sotto il tendone
panini carni e birre
parvero tutta la terra promessa.
Passione ci unì
Tra selciati scuri
Paglia ai bordi e rade luci
vive ancora una volta,
tra muriccioli di crosta e
luci arancio.
Ascoltando.
Vedendo.
Respirando.
Attimi che valgono oro,
sapendoli noi cogliere.
(riderà stanotte il bimbo, al ricordo dello strano campanello)

venerdì 9 luglio 2010

Il prezzo dell'oro


Il prezzo dell'oro
pagai la presenza
della bionda donna,
il bimbo in braccio.

Non più moneta
ha il cuore,
ma vuoto e duro
e amari.

Il prezzo dell'oro
sconto nei migliori ricordi,
amara ipoteca
mai più estinta.

La pioggia è gioia (parte sesta)


Cacciatori aveva incontrato quella notte, sorpassandoli nel buio della campagna.
"Che diavolo.Dovrebbero smetterla.Poi si lamentano degli incidenti.Fessi."
Erano a bordo di una camionetta con faro e puntando la luce nei prati abbagliavano lepri immobili sparando loro con facilità.
Sentendosi a posto e molto decise di suonare il claxon nella campagna a perdifiato.
Si fottessero.
Perdiballe palloni gonfiati, sparare alle povere bestie.
Si cercassero una donna.
Uno sparò in aria, ma ormai Eroe era lontano, coi suoi pensieri.
"Cosa vuol dire innamorarsi di un'altra."
La sera era stata pastasciutta vino ballo e bella ragazza.
Non sapeva potesse accadere così in fretta, così subito.
Piera conosceva Neta da una vita, le era sempre piaciuto.
Sapeva delle sue occhiate golose quando la andava a trovare a casa e loro stavano parlottando tra donne.
Quegli sguardi un poco più lunghi gli rimestavano il sangue e fu lei ad andarlo a trovare, appena saputa la notizia.
Guardala qui, pensò.
"Ho una gomma che non tiene, cosa devo fare?"
"Lasciarmela un paio d'ore."
"E se la ragazza ricambiasse con una bella serata?"
"Niente di più facile.Basta dire di si"
"Bene.Fanno festa a Sanfrè, si potrebbe andare insieme al ballo.Si mangia bene."
"Stasera.Otto e mezza."

Il pomeriggio scorreva pigro e molle nell'officina, tra il suono di raggi in tensione e le ruote libere, leste in movimento sui cavalletti.
"Bravo.Così si fa.Sei un bravo ragazzo, sicuro."
Eroe approvava rimontando il copertone.
Parlava poco lavorando e quei complimenti di Burdeis lo riempivano d'orgoglio, avrebbe voluto urlare la sua rabbia paura viltà e gioventù, ma tacque, acconsentendo appena con un sorriso.
"E dov'è che vai così tirato?Via una avanti un'altra..Ai miei tempi..."
"Brava madre.Stai vicino alle balaustre, se no van giù.Stasera il bello esce."

Piera era puntuale e ritta sotto i portici, pareva una statua greca, pensò.
Le sue braccia subito strette dal sellino dietro e la sua confidenza dettero subito piega alla serata.
Arrivati allo slargo, imboccarono un portico dove era il parcheggio a pagamento per bici e moto .
Ritirato lo scontrino lei lo attirò subito in un affettuoso sottobracccio, risate e profumo, udì nitido.
Era quella la notte dove anche senza essere bravi e impegnati le cose prendono buon andamento da sole e bene, sistemandosi addosso come un maglione nuovo.
Come subito dopo la guerra, dove in ogni paese bastava un fazzoletto al collo e l'allegria per coricare ragazze a decine, nei prati di langa.
>Un bell'affare a lasciarti, la tua Neta."
"Affare per chi?"
"Per me.Si capisce"

Il legno delle panche era freddo e umido, urla e risate venivano da tutto il tendone nel fresco della notte che calava lenta.
Piera rideva e mangiava molto e bevendo barbera scurissima fece di tutto per fare rivoltare le budella a Eroe.
Paesani ridevano, di fronte.
Conoscevano forse la sua famiglia o quella di Neta e l'indomani avrebbero letto la vita a questo o quello nel negozio o davanti alla chiesa.
Che parlassero.
"Balli?"
"Con te, sempre."

Il ballabile diffondeva note sornione nel buio della notte, tra le lampade arancioni e i festoni appesi al poggiolo in alto.Dal microfono il cantante tendeva il collo nelle ultime note di Madonnina dai riccioli d'oro, e Eroe si sentì a posto.
Volle dirglielo, pure.
"Bene.Ma non è che puoi sentirti più a posto?"
"Dipende."
.
"Sono un po'stanca di gente, andiamo per prati."
"Non so se è il caso."
"Di cosa hai paura?Di quei quattro baciapile là?Ma vieni con me, te la faccio scordare subito la tua Neta."
"Questo non avresti dovuto dirlo."
"Oh va là, pieno di blaga.Ti ha lasciato.Lasciato!Goditi la vita, perchè sarai giovanotto ancora per poco.Vieni, turulot."

La mano era salda e piccola, nello scuro del sentiero di albere si sentivano gemiti e calpestio.
Anche con Neta fu così, si costrinse a pensare.
Poi fu il tenero e il bagnato e profumo e mani e bocche e lingua e capogiro, le sue mani subito sotto e la rabbia che urlava e godeva e le stelle che si facevano leste là in alto poi di nuovo l'umido e i suoi capelli e parole e lacrime, molte lacrime.
"Oh eroe, mi piangi adesso?"
"Ma stai zitta.Cosa ne sai."
"Se vuoi ne saprò.Mi piaci.Mi avrai mica preso per una di quelle?"

"Non hai aspettato molto."
"Le occasioni van sfruttate.No?"
"Giusto."

Un lampo illuminò il suo viso e pensò che quel viso greco e orgoglioso era uno dei più belli mai visti e per un istante dimenticò tutto, baciandola.
"Bravo.Ora ci capiamo."
"Si ci capiamo
."
Fu tutto ciò che disse, prima di sentirsela ancora tenera, nella rugiada della notte.

lunedì 5 luglio 2010

Martinique (1)


Sei il mare e la vigna.
Nei tuoi occhi vedo
il salmastro dell'onda
la forza dell'acqua cheta
che distrugge terre
e porge lieta
i doni più preziosi
D'uva e miele
sanno le tue labbra
di bevanda
più gradita agli dei
ristorano passioni
Sciogli i capelli
e ridi al sole

nessuno capirà

lo strano gioco di specchi.

domenica 4 luglio 2010

Uomo strano


Nei tuoi sonni
non sai di me
di questa stanza buia
dove sempre
fu disordine di libri
e di idee
di quel frutteto
che un dì abbandonammo
e ancora frutti offre
non conosci la strada stretta
ma amica
che giunge a me
i tuoi occhi non sanno
e io non so
i pensieri del mondo
Di chi mi chiama

Uomo strano.

Eri lassù-



Eri lassù
Dall'altra parte della montagna
immaginavo la scala che guarda sul vuoto
Il verde dei prati negli occhi
Il caminetto dove ci amammo
(fu buio e paure, ricordi?)
I radi sentieri di giallo e ocra
Le pietre che un giorno furono case
Qui non spunta nessuno
Siamo seduti per terra
Respirando piano i minuti
Ruscello e venti ci spiano
Quest'anima morta
non guarda le nuvole
che paiono andare e venire
da una vallata all'altra
Portando luce
Portando ombre.
Di là è il grano dei tuoi capelli
Un altro me
mieterà messi infuocate
godendo di quella valle
Tutta curve e sentieri
in cui perdersi fu bello.
Crinali separino i monti
Pietre di confine
Pietre di indipendenza.

sabato 3 luglio 2010

La pioggia è gioia (parte quinta)


Gli alberi del viale erano stupidamente in fila, ritti tra le ombre dei lampioni arancioni.
Per un poco stette a fissarli, con ostinazione.
Da un'ora tutto non appariva più nitido e chiaro come il giorno prima.
Bizzarro come ciò che fu il loro rifugio d'amore ora non apparisse che come una lunga lenta sterminata fila di alberi marciscenti.
D'un botto Eroe ingoiò i 3 anni con Neta,come un grappino di inverno dopo una mattinata di neve.
Porte che sbattevano, il rumore dei tacchi sulle scale, il pianto subito forte e bagnato sul naso le labbra e il colletto, le gambe molli e voglia di urlare correre,questo era stato quella sera dopo il campanello.
"Devi lasciar perdere.Non sarebbe giusto, per te e per me.Fattene una ragione.Non ti amo."
Fu quello il momento in cui le budella di Eroe si ritorsero e tutte quelle cose che sentite succedere ad altri siete voi e non è il film della domenica noioso e con il solito dolore intercostale del secondo tempo, siete voi e la pellicola non gira, ma va avanti e prosegue, fino al fondo prosegue.
"Ma diocristo, cosa ti salta in mente?Dopo 3 anni?"
"Appunto.Tre anni buttati, con un garzone.Ma svegliati, questa storia dell'eroe a chi la vuoi ancora dare a bere?Non manterrai una famiglia con storie di guerra e due raggi rotti."
"Tu e i tuoi.Pieni di zuppa coi vostri diplomi.Sapete fare nulla se non darvi arie.Pieni di bagna ."
"Come vuoi dare un'educazione a tuo figlio, se parli sempre cosi?Faccio bene a cercare un altro uomo, qualcuno che abbia un avvenire."

Un avvenire.
Lui che aveva quasi dato la vita per fare stare bene questi quattro tacchini che si erano nascosti chissàdove.
"Tu non sai nulla della vita, nulla.Ancora stavi attaccata alle gonne quando io sparavo per farvi stare come papi, e ora mi dici che non ho avvenire?Impiccati.Sicuro, dovreste impiccarvi tutti, vigliacchi!"
La panca era dura e secca, come il fiato che si faceva ora più corto e rotto.
Coppie di innamorati andavano lente verso la Piazza d'armi a cercar pace e fare l'amore.
A quello spettacolo avrebbe voluto insultare con tutta la forza loro e il maledetto giorno che si era fatto uomo e le sue voglie e i desideri e i sogni.
Maledetto il giorno che la vide piccola e si innamorò andando a chiedere al padre il permesso di parlarle.
"Cosa fai ?"
"Ciclista"disse secco.
"Che è come dire nulla."
"Aggiusto bici da 14 anni, me la tolgo."
"Studiato?"
"L'obbligo.Ma cosa serve a aggiustare bici."
"Serve a non fare figure con mia figlia, lei sarà maestra."

"Guidi?"
"La bici.Ma tra un anno prenderò il Guzzino."<

"Il Guzzino.Ma se io alla tua età guidavo il 500 Gilera."
Vecchio porco banfone.
Crepasse.
Le auto cambiavano lentamente marcia alla curva del Santuario, grattando in doppietta, e Eroe avrebbe voluto pensare un posto lontano mille miglia.
L'Australia forse, di suo zio Mino.
Con nessuno proprio nessuno che vi conosce.
Lavorando avrebbe vissuto.
Sicuro.
Gente nuova.
E bici.
Bici rotte e canguri.
A quei pensieri sorrise, pensandosi giovane e forte com'era.
La sera mandava le prime ombre dalla collina, radi anziani in bicicletta passeggiavano verso il Santuario per la preghiera della sera.
Uno lo salutò, riconoscendo in lui quel giovane che aveva aggiustato tanto bene la gomma della bici.
Eroe sentendo caldo e voglia di parole guardò orgoglioso la moto fiammante tra i raggi di sole, pensando già alla frescura e ai vecchi dell'Osteria.