mercoledì 30 giugno 2010

Un raggio di Noi


Pensieri che corrono liberi di gioia tra le pieghe degli animi tormenti.
Una rana che gracida serafica,nel buio.
Parole molto tue, lungamente attese.
Una terra promessa?
Questa mattina il sole porterà un raggio nuovo:
Noi.

(che i sogni siano sintomi, che i sogni siano segni)

sabato 26 giugno 2010

La pioggia è gioia (Parte quarta)


Ancora non sapeva di Neta quelle notti terribili in collina,passate in piedi con lo Sten sottobraccio durante i turni di guardia massacrantissimi.
Dopo l'8 settembre aveva deciso guardando in alto, verso la Langa che rifugiava chi come lui non ci stava a perdere Patria gioventù e famiglia.
Non ci mise molto ad ambientarsi con gli altri e a trascorrere giornate e notti sentendo bruciare dentro l'ardore di fare e combattere, ad ogni costo.
Certi giorni sembrava lontanissimo dalla quiete della bottega e dalle serate con gli amici sulla Rocca.
Quel timido garzoncello moriva giorno per giorno tra le rabbie e il sangue che bagnava la brulla e arida terra langhetta.
Eppure proprio quelle malinconie gli mettevano in corpo un'energia e una foga che il Comandante aveva subito saputo apprezzare e sfruttare a dovere.
Se c'era da mandare qualcuno affidabile e in fretta, nessun nome era quello giusto, se non il suo.
Per questo tutti lo rispettavano.
Perchè onesto e leale, senza grilli per la testa e con gli occhi di chi ha visto e non può perdonare.
Con quella malinconia dentro e rabbia, tanta, si gettò davanti a tutti lasciando il resto della truppa basito.
C'era stato un rastrellamento dalle parti di Castino, e il Comandante aveva mandato alcuni uomini per cercare di mettere in guardia le poche famiglie che ancora abitavano.
Pioveva secco,li sentirono prima ancora di vederli, da quel crinale.
L'accento secco e duro gli era entrato dentro come una spina, che vi fa male ogni volta che vi muovete ma che non potete togliere e solo godervela.
Ora erano a 600 700 metri di distanza, dietro a un pruneto folto che avvolgeva tutta la cascinetta.
Era quella una casa semidiroccata tra un boschetto che sarebbe stato un buon rifugio, se non si fossero accaniti come allora nelle rappresaglie.
"Maledetti.Bastardi figli del Porco Dio."
Bestemmiava sempre quando si trattava di decidere la vita e la morte di un altro uomo.
Se era soldato, tutto aveva un senso: un uomo in divisa con fucile che cerca di spararvi, tra i due si capisce che uno avrà la peggio.
Ma i vecchi.
Le donne.
I bambini.
Quello no, non lo capiva, e bestemmiava, e la rabbia cresceva, sempre.
"Si può fare niente.Solo guardare.Sono in troppi , e anche se proviamo ad avvicinarci ci coppano.Bastardi.Speriamo che non li fucilino ora, c'è anche una donna che aspetta."
Gli ordini venivano secchi e chiari.Se solo avesse capito cosa stava per accadere, il fiato non sarebbe stato calmo e freddo come sempre, in quelle attese.
Nelle lenti Bocia vedeva ora due soldati spingere la famigliola contro il muro dietro casa dove cresceva una vite, i mattoni blu di verderame.
"Fottuti.Li coppano.Nemmeno il bambino da nascere li ferma.Porci."
Qualcosa di bello e forte crebbe in lui, qualcosa che doveva sorgere dopo tanta attesa, tante notti e giorni di una vita che sentite belli e concreti come un bicchiere di vino in mano.
Una pietra rideva e ballava nel suo stomaco, come mai credette di sentire, nemmeno come durante quelle notti dietro a casa con lei che non diceva più di no, ma solo di stare attento.
Questo e le bestemmie dei compagni sentì scendendo col fiato rotto e consapevole, molto , mentre lo sten carico si puntava contro il primo e lo scoppio e la faccia che fece il soldato vedendolo e subito cadendo nel terreno fradicio e la famiglia con gli occhi smorti e spari e nessuna preoccupazione se non quella di fare bene e credere.
Nemmeno si rese conto della brigata che gli corse dietro e di Bocia che lo guardava come a dirgli Diocristo, i tedeschi che scappavano sparando gli ultimi colpi dalla strada sotto .
Fu da allora che divenne Eroe, scordandosi nome e cognome e ciò che era stato prima, un ragazzo come altri che di colpo diventa uomo.

lunedì 21 giugno 2010

La pioggia è gioia (Parte Terza)


Le nuvole della sera si radunavano in piccoli cumuli sopra i tetti di Via Umberto e qualcosa della notte vagava già tra i vicoli che sapevano d'umido e muffa.
Eroe usciva ora dall'officina ed era quella l'ora più stanca della giornata.
Operai ridevano soddisfatti sotto il tabellone dei risultati sportivi e anche a lui sarebbe piaciuto stare con loro e parlare di sport e pallone, oppure di Coppi, lui si che è un corridore.
Ma le nuvole seguivano ora un corso strano, parevano rincorrersi l'una contro l'altra senza mai avere un esito.
Per un poco volle seguirle, con ostinazione.
"Oh Eroe, povero Eroe.Chissà nel 2000 se ci saranno ancora nuvole.Chissà come saranno le bici?Se ancora ce ne saranno.Avrò 79 anni, sarà strano essere vecchi."
Intanto la stradina stretta finisce e di colpo tutta la luce che una sera come quella vi può offrire balza lesta oltre le mura, per stordirvi in un attimo.
"Cosa fai?Aspetti che piovano biglietti da 1000?Stasera la mamma di Ricu prepara le acciughe al verde, vieni?"
"Devo andare da Neta.Son due sere che non ci parliamo."
"Sempre attaccato alle gonne tu.Ma vieni con noi a divertirti invece di farti del sangue cattivo."
"Ma cosa ne sai, purilu?Vai a nasconderti che fai un affare"
"Ma guardalo.Lo prendo che guarda le nuvole in Piazza , lo invito a far festa e per poco non mi cartona.Devi lasciarla perdere quella, ti stai rovinando."

La piazza era luminosa e vuota, rivoli di polvere si sollevavano ai lati e mai come in quel momento Eroe avrebbe voluto essere come quei Cow boy americani , sapete quelli che camminano sempre a testa alta e al primo insulto vi sparano.
"Ma cosa è quella faccia?Hai litigato col padrone?"
"Mie faccende."
"Ma che rispetto.Avessi detto io così a Padre, non tornavo per un mese.Con Neta.Aggustate le cose, o datevi cammino.Così non va."
"Al diavolo.Sapete nulla di me.Nulla."

Il crepitare secco del Guzzino accendeva una nota stridula per la via Vittorio, lasciando dietro di sè una nuvola acre di miscela all'otto percento.
Così' non andava.Quella sera avrebbero parlato, costasse quel che costasse.
Col padrone a guardar storto mentre una lacrima scendeva sui nippli.
Era già la seconda ruota che sbagliava, qualcosa doveva cambiare.
Amava Neta.
Col suo sorriso semplice ma complice aveva trascoros i più bei giorni della sua vita.
Sembrava ieri il giorno della Liberazione, con lei piccola ma sorridente e già molto donna sotto quel cappuccio che quasi la nascondeva.
Non sapeva ancora i bei giorni che sarebbero venuti.
Non le scampagnate in bici, poi col sudato Guzzino, per le colline di Langa e pei boschi roerini.
Non le gioie fortissime e i sogni e le speranze e le volontà di ogni giorno di ogni uomo per ogni cosa, che erano cresciute forti in quel cuore.
Le finestre all'ultimo piano erano illuminate a giorno e col cuore in gola ma deciso, fino in fondo deciso, Eroe calcò il pollice sul campanello.

domenica 20 giugno 2010

La Pioggia è gioia (parte seconda)


Il gorgogliare del caffè riempiva l'aria, mentre Eroe si lavava la faccia attingendo acqua al catino.
Dalla finestra poteva udire il vociare delle vecchie che si recavano al mercato del venerdì e lo scoppiettare di una motocicletta.
Era Nuciu con la sua Matchless 350 residuato bellico che si recava al mercato dei polli, cassetta di volatili vivi ancorata sul portapacchi.
Come facesse a marciare quel trabiccolo, si disse.
La madre chiamava ora a gran voce dalla cucina, così da almeno 20 anni.
"Che diavolo" si disse.
"Quando ti metti un po' a posto.Hai già il pelo bianco e noi un piede nella fossa.Cosa aspetti?"
"Ne abbiamo parlato.Non è il caso, madre."
"Non è il caso, non è il caso, quella testa di pietra di tuo padre non lascia passare sera che non tiri un pugno sul tavolo pensando a te.Sei in gamba, potresti avere una bottega, hai risparmi, sposare Neta."

"La fate facile voi.I tempi sono cambiati.E poi non me la sento ancora.Sono affar miei, in fondo."
"Ah si, ma i vicini cosa pensano a vederti ancora con noi, un uomo fatto e finito?"
"Si fottono i vicini, ecco cosa penso."
"Ma che linguaggio."
"Linguaggio.Come non avessi fatto la guerra.Solo sei anni fa non si guardava se uno stava coi suoi a 30 anni o diceva una parola sporca.Si trattava della pelle.Guardali ora, solo più buoni a origliare e trovare una scusa per accusare.Buoni a nulla."
"Calmati, era per dire.Non è il caso di scaldarsi."
"Un corno. le cose o si dicono o si sta zitti.E se vuoi sposare tu neta, accomodati."
"perchè?Cosa non va?è una brava ragazza."
"Parliamo d'altro.Parliamo d'altro."

"Ma che robe.ai miei tempi non succedevano di queste cose.Si parlava.Ma si che voi giovani non siete più buoni a dirvi le cose."
"Questo non avresti dovuto dirlo."

Eroe non prendeva mai baracchino, l'officina di Burdese era giusto un isolato da casa sua e in due passi poteva tornare a casa per il pranzo.
Succedeva talora che invece di tornare si fermasse con gli amici all'osteria dell'Angelo in quella via stretta di ciottoli che tanto amava, suscitando le ire del padre.
"Ti mangi quei pochi che metti da parte in tagliatelle e barbera.Povero fanflùch, non sai come va la vita."
A quelle parole Eroe non replicava più.
Da anni aveva smesso di parlare con lui e nemmeno questo era stato un bene.
Per fortuna aveva trovato in Burdeìs qualcosa in più di un padrone.
Lo aveva preso a bottega a 12 anni, aveva visto in lui la stoffa del ciclista dai primi mesi .
Mai si era pentito di lui.
Col tempo Eroe si era aperto, arrivando a parlare della sua vita e ricevendo consigli e conforto.
"Stasera è sabato e tu sei giovane.Vai a lavarti e farti bello per la tua sposa.I conti son già aggiustati.".
D'altronde Eroe lavorava di buona lena,negli anni aveva imparato a raggiare e raddrizzare telai tanto bene che persino alcuni ciclisti più anziani venivano per consigli da lui.
"Burdeis sei Signore.Col garzone che hai, puoi appendere al chiodo la tuta."
Tutti andavano volentieri da Burdese.
Il piccolo ciclista onesto nei prezzi e simpatico dava sempre garanzia che la bici venduta o la riparazione avrebbero tenuto per molti anni.
Questo aveva insegnato a Eroe.
Che l'onestà paga.
Sempre.
Perchè al mondo si deve andare a testa alta, costi quel che costi.
Per questo e molto altro, entrando notò subito l'espressione torva del giovane quel mattino.
"E allora?Cosa capita stamattina?"
"Tante cose, tante cose."

sabato 19 giugno 2010

La pioggia è gioia (Parte prima)


Le sirene della conceria Tallone suonavano già per la seconda volta.
La nenia di sapore bellico andava scemando in toni via via più smorzati e lamentosi,intanto che sciami di ciclisti in tuta blu attraversavano la piazza della stazione e oltrepassavano il passaggio a livello che separa la zona industriale da quella civile di Bra.
Era mattina presto, tutti con frenesia e con l'immancabile baracchino in alluminio a tracolla o appoggiato alla canna della bici , preparato da mamme o mogli, si affrettavano a raggiungere il posto di lavoro alla conceria o alla fabbrica chimica in tempo per non farsi appioppare la temutissima multa.
Erano quelli i tempi in cui bastava appena alzare lo sguardo perchè il caporeparto affibbiasse multe di 5 o 10 lire, non guardando in faccia nulla e nessuno.
I più fortunati lavoravano a bottega o in un negozio proprio, pur dovendo fare conti con padroni abili e geniali, ma spesso despoti incalliti.
Per quello il ciclista Eroe dormiva sonni profondi alle 745 di quel 10 Giugno 1950.
Il suo padrone, Burdese Domenico detto Burdeìs l'cit, apriva bottega alle 830 , così da poter dormire in santa pace oltre i tempi delle fabbriche.
Aveva 29 anni ormai, dopo 17 anni di apprendistato e una guerra in mezzo, avrebbe potuto mettersi in proprio e sposarsi con la sua Neta.
E si che i genitori glielo ricordavano tutti i giorni, ma che fretta c'era?
Burdeìs era un buon padrone e con Neta parlare di matrimonio era sempre stato difficile per via dei suoi.
"Ci vuole altro che un ciclista per te.Devi trovare di meglio."

Questo e molto altro ancora aveva sentito dalla finestra in alto una sera, andandola a prendere.
Le discussioni che non erano volate, quella sera d'inverno che era tutta ghiaccio e alberi penduli di neve.
"Lo so che sei onesto, ma i miei vorrebbero qualcuno più sistemato. Sai come sono."
Eccome se lo sapeva.
Dopo 3 anni nemmeno uno sguardo e saluti gelidi con commiserazione e sufficienza negli occhi di chi odia e non nasconde.
Questo non digeriva.
Perchè Eroe è bravo.
Ha fatto la guerra senza far torti a nessuno.
Lavora e sa cosa è la vita.
Dove proprio perchè sei bravo e non ammazzi nessuno non sei ricco.
Sa raggiare le ruote come nessun altro.
Che ne trovassero un altro di merlo, a quella lì.
Piena di zuppa, lei.
Queste furono le prime cose che pensò alzandosi lentamente quella mattina, tra i primi raggi di luce che filtravano sornioni tra le fessure delle gelosie semiaperte.

Si ri-comincia(la pioggia è gioia)


L'alba di oggi ha portato la pioggia.
Qualocosa in me è germogliato.
Amo sempre le bici e le mie galline , curo l'orto e ogni tanto (!!) faccio anche lo psicologo.
Davanti ad un albero maestoso sotto il diluvio ho avuto tutto molto chiaro(la pioggia è gioia).
Comincia una parte nuova che merita di essere raccontata.
Da oggi, quasi quotidianamente , pubblicherò i capitoli di un nuovo romanzo.
In diretta.
Esso sarà "La pioggia è gioia".
Saremo a Bra nel 1950 e seguiremo le vicende di Eroe, ciclista e sognatore.
Tenetemi compagnia, ne ho davvero bisogno.
Spero di ricambiare.

mercoledì 16 giugno 2010

Piove


La sera iniziava a mandare riflessi rossastri tra le spighe del grano,mentre Eroe attraversava col Guzzino la pianura infuocata.
Era scoppiato un giugno di tigli e gambe nude e la campagna si apprestava ora a ricevere la sua porzione di frescura notturna.
L'osteria era tra due case , e si raggiungeva solo dopo un rettilineo terribile come una fucilata di quasi cinque chilometri.
Eroe non lesinò col manettino dell'acceleratore, quella volta.
Appoggiata la moto al grosso platano dietro, potè rincuorarsi nelle rughe dei vecchi immobili ai tavoli, che con un cenno del mento salutarono il nuovo venuto.
Che non conoscevano, ma conoscevano il padre o il padre di suo padre, e per questo Eroe era Qualcuno.
"Barbera"ordinò .
Eroe era il fidanzato di Neta e si parlavano da quasi 3 anni.
Tutti si aspettavano matrimonio e figli e tutto il resto, ma fu come una pugnalata quando lei gli annunciò candidamente di non amarlo per nulla e di ritenersi pure libero.
"Fottuto, e tanto.Come lo sono."
"Eroe !Sono i pensieri d'amore che ti fanno bere?"
"Ma vai a sotterarti, panada.Mai stato con una donna, tu."
"Non scaldarti il piscio.Sarai mica il primo a mangiare la porrata."

A quelle parole Eroe deglutì tutta la bile che aveva in gola.
Dovete sapere che da queste parti offrire porrata a qualcuno appena bidonato è gesto per schernire le sue rabbie e le sue corna.
Intanto fuori l'aria andava tingendosi di colori sempre più scuri e l'atmosfera dell'osteria si permeava di fumo di Nazionali e sigari dei possidenti.
Un vecchio aveva attaccato la canzone "Piove, su questo amore...ora piove..." e coi denti neri scandiva bene le parole battendo pugni sul tavolo.
I compagni lo incitavano alzando bicchieri e dipanando lenti sorrisi di approvazione.
Sarebbe bello, pensava Eroe, che la sera si dispiegasse senza troppi pensieri, con una donna che vi aspetta, magari non troppo seria, per dare un senso a quei vuoti che prendono finito il lavoro.
La canzone fu interrotta di colpo da un cupo tuono in lontananza, scandito da andirivieni di risucchi secchi e rauchi,man mano che si avvicinava.
Solo i più vecchi non si alzarono dal tavolo, riconoscendo nel ruggito l'ultimo acquisto di Bepi detto Rischio, una Saturno Gilera di 500cc che si favoleggiava volasse a 200 all'ora per le stradine del braidese.
Ovviamente i chilometri erano proporzionali all'immane ruggito che la proclamava vincitrice su tutte le altre, ma a questo Eroe non importava molto ,quel 16 Giugno.
"Ehi eroe quando facciamo una gara io e te?"
"Vieni a bere una volta e non fare tanto il galletto"
Bepi, col suo giubbotto nero di pelle, il casco e la sigaretta tra le labbra, è una di quelle persone che riesce sempre a mettere tutto a posto, con lui i discorsi prendono pieghe imprevedibili e inaspettate, per quello Eroe amava tanto la sua compagnia.
"Cosa vuoi.Sono donne.Avrà trovato il merlo che canta meglio di te. Oppure avrà attaccato il cappello a qualche pagliaio più bello.Non pensarci.Stasera ti porto dietro a 200 all'ora in un posto che vedrai che robe.Una è francese, vedrai che robe."
Bepi aveva sempre proposte così alettanti che pochi riuscivano a dire di no, ma dovette tribolare non poco a smuovere Eroe dal suo torpore .
"Cosa aspetti?La settimana dei tre giovedì?Dai sbrigati, che poi quelle chiudono bottega e ciao nineta!"
Un vecchio che origliava si girò, e Eroe parve capire tutto e subito, bene, nell'occhiata ammiccante che gli diede fugace.
Sicuro, son donne.
Son cose che succedono, che diamine.
A ventinove anni non si è vecchi.
Siamo sempre uomini coi coglioni voglie rabbie e malumori.
Una sera è davanti a noi, con avvenimenti e gioie che paiono non aspettare altro che offrirsi al nostro godimento.
Tutto questo pensò Eroe, pur non sapendolo bene, ancora, avvinghiato dietro all'amico nel buio della notte, avvolto dal frastuono gutturale che pareva lanciare tutta la disperazione e la voglia di vivere del suo cuore.

domenica 13 giugno 2010

Bang!Bang!Di colpo lei..Bang!Bang!


Come una fucilata in mezzo agli occhi fu l'emozione che provai a quel mercatino di Novembre.
I caricatori erano scarichi, ma una puntatina a un malato come me, seppe ancora giocarsela.
E vinse.
Fidanzata preoccupata (di miei eventuali acquisti...) e gelo polare , mi facevano procedere circospetto tra il ciarpame.
Ai mercatini delle pulci trovo sempre fanali e giargiatule varie, quasi mai bici.
Sbiancammo entrambi quando all'angolo apparve il mucchio di ruggine che era la di cui sopra..
Ella temendo per gli interni della sua macchinina, io per la brama di averla all'istante.
"Deve essere una Bianchi, c'è una B sui pedali!"
"Come no!Per me la sigla BSa era incontestabilmente un Bisogna Subito Averla!"

Inoltre, parcheggiata accanto, una bella Gerbi Diavolo Rosso a mezza corsa, anni 40.
Poverette, mi dico.
Poveri noi, dice la fidanzata.
Raggiunto un accordo dopo una trattativa che mi avrebbe consentito una Laurea in Trattative Arabe al Suk, carichiamo entrambe le belve sulla povera macchinina.
A casa i tre fucili sono davvero scarichi e arrugginiti, ma man mano scopro deliziosi particolari: pedali marcati, ma con oliatori!
Mozzi Bsa a oliatore e frenata al manubrio davvero particolare, con un sistema simile alla Dei, ma doppio.
Carter in due pezzi, con alcune stagnature come non se ne vedono più.
Doveva amarla molto il suo padrone, prima di abbandonarla.
Passano i mesi e solo la sorellina trovata dal buon Max mi mette voglia di terminare i lavori.
Sono contro la caccia per eccellenza , ma questi tre fucili li terrò ben oliati.
Non si sa mai.