venerdì 24 settembre 2010

Mandrogna sportiva


Mi guardava da anni sorniona, appesa tra i travi del mitico Bernardo.
"Era di una di Asti, che voleva la bici per fare dello sport.Tempi di una volta, robe del 50."
Quel manubrietto cosi assurdamente sportivo e bacchetta lasciava in me un senso di nostalgia e di voglia di pedalare chino, abbassato sui pedali in feltro , spingendo su quell'alluminio prelibato.
Colpiscono da subito i paffuti copertoni balloncino e la freneria completamente interna.
Il telaio mandrogno tipico di Maino, Verde e Quatrocchio, per citare i più celebri dell'alessandrino, lascia spazio a tubi paralleli e slanciati, con forcellini posteriori tipo sport con aggancio per cambio simplex 3velocità in fusione.
I cerchi (marcati OMB 1946) corrono grazie a filanti mozzi marcati Amerio simili ai coevi FB, flangiati alluminio.
Impianto luce Regina e maniglia saltafossi Rubino completano questa mandrognetta nata per correre sulle polverose strade che ancora sapevano di sangue e rabbia.
Il carter originale, per una volta, lascia posto a un analogo psitolotto ma di ottone, che a me piace tanto.
Io amo le bici dell'immediato dopoguerra e amo particolarmente questa, desiderata, moltissimo.
La prima pedalata, notturna, mi ha riportato all'autunno di 64 anni fa, quando fu bello pedalare finalmente senza pensieri, su quella bici dalla posizione assurda, pensando che tutto , per una volta, sarebbe stato possibile.

mercoledì 8 settembre 2010

Unte ( e bisunte).



Un amico mi scriveva ier l'altro chiedendomi per l'ennesima volta , lui come altri, perchè io restaurassi come restauro.
Senza vernici o filetti nuovi e cromi e via dicendo.
Smontando e ungendo e bisungendo all'inverosimile.
Lasciando ruggini e righe e velando con vaselina sterile o grasso.
Pantaloni bianchi lontani da me!
Un po'tutti quelli con cui ho parlato, conoscono il mio modus operandi.
Condiviso o meno, ma in cui credo ciecamente.
Vi racconto un aneddoto gustoso.
L'anno passato, dopo aver speso del buon tempo nel riportare su strada una Dei Oro, a mio avviso un buon conservato, giunge serafica mia nonna.
"Questa meriterebbe secondo me, quando la sistemi?"
Ecco, in questa ingenuità c'è tutto lo spirito di chi a volte osserva e ancora non sa.
Una quindicina di anni fa restauravo forte i motorini.
Prendevo smontavo scartavetravo verniciavo rimontavo.
Un giorno a un mercatino mi imbatto in un modello simile a quello che avevo appena finito, un Torpadino del 62.
Commento al proprietario che ne possiedo uno identico, ma più bello, riverniciato, cavolo!
Lui, serenamente, commenta che sì, la vernice nuova è una cosa, ma quella vernice è proprio quella che ha visto trascorrere gli anni 60 e 70, ha resistito all'inquinamento alla pioggia e all'incuria.
Merita ucciderla ora, freddamente?
Oppure occorre valorizzare ciò che il tempo ci ha concesso?
Tanto disse che lo comperai, per farla breve.
Identico con le bici.
Merita distruggere quelle meravigliose sbavature sulla canna dovute a milioni di sfregamenti che ci parlano di lavoro e sudore?
Merita annullare con una cromatura nuova i segni dei quintali di pacchi e merci passati sui manubrii, tra i punti di rugginella e cromo, che ancora scodinzola festoso alla vista di una pagliettina?
Merita barattare con selle bellissime e inglesi quelle Robur o Aquila o Poltrona che hanno portato le terga dei nostri vecchi a fare ciò che noi siamo ora?
Io tremo dall'emozione quando vedo un bel conservato, meno quando contemplo un ottimo restauro.
Merita rovinare le tracce di quei filetti che hanno corso per chilometri sui cerchioni delle nostre amate?
Perchè il conservato emoziona genuinamente, spartanamente.
Come un bel pane salame e vinello al confronto del più raffinato gourmet.
De gustibus non est disputandum.
Penso alla bicicletta della buonanima del mio prozio, fu partigiano.
Quella bici non ha più corso dal 1945 al 2007.
I mozzi portano ancora la polvere che si posò durante le fughe.
Il carter è tagliato , e quel taglio è fretta e disperazione(la disperazione impone dei doveri).
Chi avrebbe il coraggio di ripulire e mettere a nuovo una Storia?
Non di tutte le bici sappiamo la storia, ma ciò non toglie che ne abbiano una.
Da rispettare.
Valorizzare.
Tramandare.
Quanti restauri integrali hanno distrutto per sempre segni che erano simboli di un'epoca?
Conservando non si corre questo rischio.
Al limite lasciando ruggine, perchè se un oggetto ha quasi 100 anni, deve dimostrare i suoi 100 gloriosi benedetti 100 anni.
Se rifatta a nuovo, chi può dire se davvero ha 100 anni oppure è una replicaccia fatta nel 2009??
Certe ruggini non si creano in due anni(apparte sulle bici di oggi).
Ecco,a tal guisa concludo con la frase di un celebre esteta,che vuole essere l'emblema della mia filosofia:

"Il falso può assumere qualsiasi forma, bella o brutta, l'Autentico una soltanto".