lunedì 26 dicembre 2011

Gli occhi di Andrea.


Fu durante il cenone di Natale che il Dottore si accorse che le cose si erano spinte troppo oltre, che qualcosa scivolava via adagio.
Fu vedendo gli sguardi compassionevoli e i sorrisi divertiti dei nipotini, che s'avvide di non essere al suo posto.
Non poteva sapere dei progetti delle figlie e dei loro generi, anch'essi dottori.
Ricordava di una visita da uno di questi, grande luminare.
Ricordava l'amarezza di quei sorrisi, ancora, del suo "non è nulla , Andrea", per poi appartarsi con una figlia e il genero.
Si stava spegnendo, glielo dicessero , buon Dio!
"Cosa ho?Parlate!"
"Ma nulla, papà, nulla.Stai tranquillo.Prendi le pastiglie."
"Ma cosa sono?"
"Non preoccuparti, ti fanno bene.Dormirai la notte."
"ma io dormo bene, che discorsi.Piuttosto, la mamma.Come sta?"
"è in vacanza.Torna presto.Tu riposa."

Sua moglie.
Gli mancava così tanto.
La sua bella Rosetta.
Ma cosa aveva sempre da fare al mare, in questa stagione poi.
Si sentiva solo, in lotta, in battaglia con tutti.
Superstite di una generazione abituata a parlarsi chiaro, in un Mondo che non era il suo ,da troppo.
Quanti anni che un amico non si faceva vivo, o erano mesi?
A volte le giornate parevano eterne, in un salotto che pareva cimitero, la luce filtrata da finestre di carcere.
Non provò più a uscire dalla porta, da quella volta che parve il peccato più grande voler sentire ancora una volta sotto i piedi terra, nelle narici il biancospino portato e trapiantato dal mare anni prima.
Quegli occhi, quel terrore , lo dissuasero per sempre.
Accettò che il sogno di vivere continuasse sotto un altro fondale, più cupo, di certo, ma sempre curioso.
Questa della curiosità era stata la costante della sua esistenza, riuscendo ad accettare morte, scomparse e un lavoro che non tutti i giorni voleva dire serenità e amore.
Sapeva i suoi anni, sapeva che la vita è un ciclo, chi più di lui lo avrebbe saputo accettare?
Solo, non tutto andava come i sogni vorrebbero.
Essi non contemplano il brutto, di questo se ne accorse quella sera.
Il brutto è qualcosa che ti sfugge, sono parole non capite e sguardi troppo lunghi, compassioni non cercate.
Il brutto è capire di non essere più padroni di sè, sono risvegli sempre troppo identici e quel senso di smarrimento che ti porterebbe a crederti in un altro mondo, non ci fosse qualcuno a ricordartelo ogni ora.
Il brutto è accorgersi che mai più torneranno quelle gioie terribili, la gioventù, il sentire quel tempo così libero e di lui essere padroni , padrone proprio, a volontà.
Quelle parole che tardavano a venire, e che gli facevano solo produrre sorrisi e parole di circostanza , quella era Morte e più di una volta i suoi occhi la sentirono .
Nemmeno le lacrime servirono ad allontanarla, anzi.
Fu durante quella maledetta cena e quel Natale che sentì tra i volti preoccupati dei commensali la parola "ricovero" e "casa di riposo", che prese la sua decisione.
Non sarebbe finito come gli altri, non lui.
Gli restava ancora un bricolo di forza e lucidità .
Prestissimo dveva fare, quel mattino stesso.
Fu mansueto e docile come tutti desideravano .
Sorrise sino alla fine, ringraziando per il panettone che graziosamente gli offrivano e sorseggiò quel vino tanto amato che sapeva essere l'ultimo.
Guardò tutti negli occhi, perchè tutti si ricordassero dei suoi, verdi e forti.
Quelli che videro prati e montagna, che innamorarono donne incantevoli e che donò, per caso e per desiderio, a quella nipote che amava.
Bella, solare, intelligente, buona.
Ecco, a lei, lei sola, diede una carezza che lo fece commuovere.
I suoi occhi erano salvi.
In lei sarebbero vissuti.
Poi si alzò e disse di dover riposare.
Il sottoscala era diventata la sua camera , più comoda e meno faticosa per chi doveva sorvegliarlo notte e giorno.
Da tempo ormai meditava e si andava preparando, così che le parole di quella sera gli diedero il coraggio che mancava.
Non nella notte, ma al mattino presto volle tirare fuori da sotto il letto la corda che aveva nascosto sotto un paio di pantaloni, in un angolo.
Era una corda di canapa, vecchia, forte.
Tastandola , dentro al cassetto, la sentì calda e amica.
Benissimo sarebbe andata.
Cantava un gallo, cominciava un nuovo giorno.
Breve, intenso, desiderato, giorno.
Pensò al dopo, ai visi sconvolti, al suo corpo esposto al pubblico ludibrio.
Ai suoi generi, che avrebbero chiamato Carabinieri e colleghi.
Facessero pure cosa volessero.
Ora, per poco che fosse, era tempo Suo.
Stranamente gli venne in mente la madre, che lo avrebbe disapprovato,lei sofferente e stoica sino all'ultimo sul letto di morte.
Non era della sua pasta.
A pensar bene, non era mai stato la Pasta di nessuno.
Ostinato e contario quel che bastava per essere maledetto dai più.
Anche quella volta lo avrebbero odiato.
Gli spiaceva solo per la nipotina, ma sapeva che sarebbe comunque rimasto poco, e quel poco era già perso.
Pensò un istante se pregare.
Poi, in linea con la sua vita, realizzò che tanto valeva sbrigarsi, di lì a poco sarebbe stato Altrove, e se Altrove c'era, sarebbe bastato parlare e guardare direttamente con l'eventuale interessato.
"Cinico maledetto"
Rise.
Le prime luci filtravano dalle imposte socchiuse e un raggio, tenue, colpì in pieno le sue pupille.
Non amò mai come allora quella vita che sino a quella sedia lo aveva condotto.
Piangeva, serio il volto.
Si sistemò bene la cravatta, rigida sotto la camicia azzurra e il gilet che amava tanto.
"Almeno un po' di eleganza" si disse.
Fu una fatica terribile annodare la corda al lampadario.
Non era bravo coi nodi, un chirurgo come lui.
Ora lo ammetteva, sperando che, almeno quello , sarebBe rimasto buon lavoro.
Tirò con prudenza e sentì robusto.
"Bene" volle dirsi.
Guardò la luce.
Guardò il letto.
Guardò le sue mani.
Poi fu un passo, fu la luce, la Libertà.