venerdì 24 maggio 2013

Vita drola


 

 

“Libertà, l’ho vista dormire nei campi coltivati

A cielo e denaro, a cielo ed amore,

protetta da un filo spinato..”

(De Andrè, Il suonatore Jones)

Chi si trovasse a passare per la strada che da Bra porta a Casa del bosco( ancora da asfaltare, ma ben tenuta, si svolta a destra dal Santuario della Madonna dei Fiori, quella del Miracolo del pruneto i cui fiori il prevosto vende carissimi in bustina),potrebbe forse scorgere carri e buoi e qualche cascina sperduta tra le nebbie.
Macchine no, al massimo motori e guardati con sospetto anche se da più di 50 anni alla battitura del grano arrivano nelle cascine con il loro battito regolare e  paglierini dietro a darci di ramazza e tagliolini e vino la sera e magari la bella casciniera da ripassare pur’essa.
In tutto questo , potreste essere tanto fortunati da imbattervi in Fonso, un mattino presto.
Fonso non è contadino, anche se ha terra poco o niente e nemmeno lavora da masoero per altri.
Vive solo, in una cascina mezza diroccata al fondo del paese dopo che la moglie Marieta lo ha lasciato che lui non aveva 40 anni.
Fonso è un bell’uomo, ma non sa di esserlo e nemmeno gli interessa.
Ha da vivere e regola il suo tempo in base alle stagioni e alla semina dell’orto quel che gli basta per mangiare bene e regalarne ai vicini, se l’annata è buona.
Carne, dopo che il vitello è morto d’accidente e i maiali son scappati per i campi ( o rubati, dice lui), non ne ha più voluto sapere.

Ha tre galline vecchie e spennate, e le chiama per nome, accarezzandole quando gli donano un uovo.
Ai vicini che gli predicono tisi e consunzione, risponde che mai sentito bene così, senza tribulazioni e veterinari e stomaci pesanti.

Che si dannassero loro a spaccarsi la schiena per poi vedere morire con gli occhi sbarrati quelle bestie per i quali si è patito fame sete e sonno.

Non ha ammazzato Fonso, in guerra, e conosce a vista chi ha sparato e perché.
Fonso, girando sulla sua bicicletta tutta ruggine e rattoppi, con la sella di sacco e corame invecchiato al sole, non sa di essere filosofo, avendo lui testa e tempo per pensare, che sono le ricchezze che ogni uomo dovrebbe imparare ad avere e conservare più a lungo possibile.
I vicini che lo dicono un po’gabbia vorrebbero almeno del minio su quei tubi che la ruggine consuma e lui ride sullo scherno e dice che tanto ci penserà il Buon Dio (che dice spesso di voler vedere presto, perché ha qualcosa in sospeso) , ci penserà Lui a far finire tutto come Lui fa fiorire e seccare le cose.
Perché dannarsi.

 Quando la ruggine mangerà la bici, allora sì ne comprerà un’altra, che non sarà più buona come questa che il padre comperò nel ’38 da Burdeis e ancora ricordava quel giorno, manco fosse arrivato uno sputnik nell’aia.
Suo padre.
Che aveva sputato e brigato per mettere i 9 soldi a fare la Lira e mai alzato la testa se non la domenica per dire di sì agli amici e al Prete che chiedeva la questua.
Il prete devi fare, Fonso, non il contadino.Mangia bene ,lui.Mani bianche e cervello fino.”
Ma la storia non lo aveva mai convinto e gira che rigira dopo la Guerra ( passata infrattato sotto un quintale di guano a maledire inglesi tedeschi italiani e la follia di essere al mondo) si era messo ad aiutare padre senza troppi discorsi.

E quando lui era morto di accidente e la madre anche lei di magone qualche mese dopo, aveva sposato Marieta, che gli parlava da prima della Guerra.
Con lei si sentiva uomo e soprattutto a posto col Mondo, non dovendo chiedere null’altro che un sorriso e un piatto a cena che non si aspettava per trovare la sua terra promessa.
E quando anche  lei se ne fu andata, dopo una notte di mali di pancia dovuti al bambino che doveva nascere e che con lei se ne andò in Cielo o da nessuna parte, come credeva ultimamente, finchè ci fu lei tutto continuò come doveva , con lavoro, campi e fatiche.
Non dopo .
Poi fu come se una luce lo avesse abbagliato e pur cieco sapesse vedere benissimo, e gli occhi piangessero per il gran tempo davanti da impiegare .
Poco alla volta lasciò il fitto dei campi e con gran ragnatele e croste, le stanze che non occupava presero a marcire e puzzare di chiuso.
Affittala, sei solo.Vai a stare a Bra.Coi soldi che hai, fai il papa.”
Con un cenno Fonso assentiva, ma , come sempre, faceva di testa sua.
Aveva provato una volta, in viaggio di nozze a Torino, a dormire fuori casa.
Peggio che il militare, pensò.
Troppo rumore, e quella luce che non era la sua, quell’odore di terra che mancava e troppa gente da considerare.
No, non era roba sua.
Come la moto.
Che tutti avevano ormai, e che lui era salito sopra ma appena sentito il motore aveva borbottato scendendo.
L’uomo non è fatto per questi macchinari.Scuotono il sangue.”

Le poche volte che era salito su una macchina aveva visto il mondo scorrere veloce ed era voluto scendere subito.

Non aveva più riconosciuto il fluire delle acque della bealera e il profumo dell’erba, così come il lento andirivieni delle erbe e delle terre al passaggio a piedi o in bicicletta.

“Ogni uomo ha la sua terra e ogni cosa ha il suo posto e il suo tempo

Questo si andava dicendo mentre pedalava la vecchia bici arrugginita, ricordando il padre e vedendo ora avvicinarsi ora allontanarsi la piccola salita che porta alla Frazione movendosi poco sulla sella di corame e paglia.
 

Tutto andava e veniva ad una velocità e secondo una logica che si era costrutta negli anni che nemmeno  lui avrebbe potuto scalfire.

Quella polvere sugli abiti, sulla pelle, sulla ruggine , erano il tempo trascorso e lui poteva misurarlo a sguardo, senza sbaglio.

Nel suo non fare, Fonso era un brulicare di pensieri e di ricerca, e a chi gli diceva grondaia che perde e campi da arare, rispondeva con un cenno che sapeva di ironia.

Ma anche di leggerezza e libertà, che lui, passeggiando , diceva “ nessuno ha perché nessuno la conosce”.

Forse nemmeno Fonso , lasciandosi scorrere addosso  gli eventi e  sapendo poco o nulla se non di sé,  ha saputo di questa famosa libertà.

Nemmeno la guerra, la morte e il dolore, gliel’hanno regalata come  la cantano i poeti.

Per questo, quando un paesano lo vede passare , la sera tardi, accompagnando la sua ruggine, lo compatisce, volta lo sguardo.

Dice di lui , vita drola.
 
NDR (Dal piemontese "Drolu", storto, sbagliato)

lunedì 20 maggio 2013

La bacchettata 2013, grande festa!

Grande festa è stata ritrovare tutti i veri amici di ruggine e di bicicletta ieri 19 maggio.
Il tempo ci ha omaggiato con un sole inaspettato e gradito, donandoci ore liete e allegre.
Variegata la tipologia di bici presenti: dalla corsaiola anni 10 di Max alla ...Cross anni 70 del figlioletto Daniele ( con tanto di parabufali anteriore!).

Allestito lo spazio- pranzo in garage, tra marmitte e polvere e ruggine ...partenza!

Dopo circa 4 km ..sosta per gustare le mitiche e dovute acciughe al verde della mamma di Max .
Manca la forchetta?
Un alberello e un po'di fantasia hanno offerto la soluzione:

Dopo la colazione con tanto di vinello...pausa letteraria con racconto inedito ( che pubblicherò presto)...quindi via in sella!

Nessun intoppo e nessuna foratura a guastare la bella giornata!
Dopo un giretto per il centro di Bra, a casa, anzi, in garage!, per gustare le specialità portate da ognuno.
Lingua al verde, frittate, torte salate ...piade e squaquarone a volontà...il tutto innaffiato da buoni vini e tanta allegria.

Dopo il caffettino, ancora un giro per le campagne per assecondare le mai sopite bramosie di pedale dei partecipanti( soprattutto lo scalpitante Daniele e l'inarrestabile Ilaria, figlia di Franck).
A quel punto le nuvole facevano capolino, ma l'aria era piacevole e frizzantina.

Davanti ad alcuni alveari Gianluca ci ha fornito l'occasione per imparare qualcosa sulle sue amiche api e la loro vita.
Stanchi, ci siamo gettai sulle torte rimaste e sul miele di Gianluca con voracità, dandoci appuntamento a un'altra edizione ( magari autunnale, chissà!).
Grazie a tutti per la partecipazione..e alla prossima!

lunedì 13 maggio 2013

La bacchettata di Primavera: ultimi dettagli

Le previsioni non dicono bello , ma nemmeno disastro.
Un po' come tutti gli anni passati.
In linea di massima il ritrovo sarà per le 930 davanti casa mia ( Via Mascagni 5 Bra) e attesa sino alle 1015 dei partecipanti.
Poi...in sella!
Giro di una dozzina di km sperando che Il Meteopuntoit non sbagli e quindi, probabilmente, rientro a casa mia per una bella tavolata in garage.
Portate comunque i plaid insieme alle vivande, si sa mai!
Se il meteo fosse bello potremmo anche prateggiare, ma non credo sarà possibile.
Per ogni chiarimento scrivetemi pure alla mail e incrociate le dita più che si può!

a.galeasso@libero.it