giovedì 31 ottobre 2013

Bianchi Militare per Bersaglieri modello ufficiali 1913

"Dormi sepolto, in un campo di grano, non è la rosa, non è il tulipano, che ti fan veglia dall'ombra dei fossi, ma sono mille papaveri rossi..." (de Andrè, La guerra di Piero, 1969)
Qualcuno forse ricorderà i  miseri resti arrugginiti che portai a casa ormai quattro anni fa.
Ruggine, ferro, pesantezza.
Eppure era ruggine sacra, forse aveva fatto la guerra, la Grande Guerra, oppure era rimasta a sonnecchiare in qualche caserma, solo disturbata, più che dal fuoco nemico, dall’acqua che incessante tintinnava sui suoi tubi.
Chissà se qualche milite ignoto la adoperò per rendere gloria alla Patria ed al Re, oppure più verosimilmente per salvarsi la pellaccia.
O per bestemmiarci dietro, carico come o più d'un mulo.

Usata, fu usata.

Il freno anteriore a scomparsa, distrutto da qualche milite in carriera o da qualche attendente poco rispettoso, fu sostituito mille anni fa da un più pratico Bowden che assolve lo stesso al suo compito.


Quello posteriore è quello originale a ganascia Bowden.


Le ruote, su ammissione dell’ultimo proprietario, ormai sessantenne che la ricorda sempre a casa sopra il fienile, furono usate dal padre quasi cinquanta anni fa per fare un carretto.
Sparite.
Ho atteso tutti questi anni finchè un bel paio mi sono capitate sotto il naso ad un mercatino locale, conservate come la bici e con le loro chiazze grigioverde spruzzate qui e là.
La posteriore , con un goccio di Svitol e grasso, gira alla perfezione e a parte un raggio spezzato, gira perfetta.
Quella anteriore..un po’ meno: una bella botta durante la Guerra o..durante 
qualche trasloco, chi lo sa.
Esse provengono dal castello di Castellinaldo ,recuperate dal rigattiere dal quale le ho acquistate.
Dal catalogo 1913 , anno di nascita confermato dal “3” stampigliato sulle calotte del MC, essa è denominata “modello Ufficiali”.


Infatti , a differenza delle altre bici da bersagliere, essa non è pieghevole e dovrebbe presentare ruote pneumatiche sempre da 24” anziché piene.
Un grande collezionista di bici da bersagliere della zona mi conferma però che anche quelle da Ufficiale erano talora munite delle più spartane ruote piene da 24 pollici, marcate “Pirelli, Battaglione Bersaglieri”.




La parte più intrigante e affascinante di questo mezzo è però offerta dal reparto sospensioni.
Incredibile osservare come già 100 anni fa un’azienda fosse così all’avanguardia , se confrontiamo queste soluzioni col parco circolante sino al…1990!


All’anteriore l’effetto ammortizzante è dato da due piccole sospensioni a braccetto oscillante infulcrate ai lati della forcella;all’interno di ciascuna è posta  una molla , che viene tensionata tanto più quanto è la pressione 
esercitata dalla ruota.


Il molleggio posteriore è affidato ad una piccola lamina di acciaio che funge da balestra e fulcro tra movimento centrale e carro basso posteriore, imbullonata.


Al piano superiore troviamo un vero e proprio ammortizzatore situato sotto la sella: un molleggio integrale e ben studiato!


I mozzi sono Bianchi a 32 raggi, anteriore e posteriore, con oliatore a sportellino marcato anche esso Bianchi.
Il mozzo posteriore è a giroruota , con doppio pignone fisso, 18 e 23 denti.


Le ruote basse  e piene, associate  a un demoltiplicazione così elevata, ne fanno tuttora un mezzo abbastanza scattante anche in salita, sia pur coi limiti del pese elevato indicato sulle brochure della casa in 15 Kg.
I pedali a sega sono originali Bianchi, con sporgente ed efficace schermatura che protegge le preziose sfere da violenti e …urgenti contatti al suolo.


Sul retro troviamo la pratica portamantellina, qui verniciata in bianco 


probabilmente in tempi successivi per uso civile.
Al lato sinistro troviamo gli attacchi per il Fucile di ordinanza, il Modello 1891  o più informalmente “il 91”.
La sella è ancora la sua originale in cuoio, con attacco per borsello porta-attrezzi nella parte posteriore.


Con la sua ruggine, le sue chiazze di colore sparso qui e là, ha un fascino non indifferente,
Ho ancora i diari che il mio bisnonno scrisse dal 1915 al 1918 e ce ne sarebbe da scrivere, e lo farò anche.
Più avanti, forse.
Guerre e morti a parte, per una volta, rimanga però viva  la goduria tecnica di questo bel mezzo: nato per non nobili scopi, vero,ma in grado di emozionare il cuore dell'appassionato e del tecnico  a ben 100 anni dalla nascita.

domenica 27 ottobre 2013

Perla ballon 1937: l'ortolana

Più che la bici in sè, una Perla Ballon del 1937 carina quel che volete, questa volta vi invito a osservare i dettagli ..
Un microcosmo di  inquilini si annida inquesto rudere, anche esso rinvenuto nell'orto con la Maino..
Pomodorini in crescita..
 Una lumachina...

e per finire..un bell'osso di susina tra i gommini  del pedale!


venerdì 18 ottobre 2013

Legnano 1925, da donna!


Questa è stata una delle primissime bici che ho collezionato.
Allora collezionavo solo moto, e una volta, andando a prendere un motorino in una cascina sperduta, dopo averlo caricato, il tizio mi fa:"Se vuoi delle bici, ne ho 3 o 4, una è vecchia, ha la sella con le molle.."
Ai tempi non  capivo una fava di bici, ma devo dire che tra i tre ruderi questa Legnano spiccava forte e senza dire nè unto nè punto, la caricai assieme al Dingo appena preso.

Non sapevo allora dei particolari ghiotti di cui era fornita, gli stessi descritti nel post precedente relativo alla legnano 1923, ma quel patacchino legnano-Pirelli me lo godetti già allora!
i parafanghi sono a schiena d'asino, i mozzi i classici Legnano con oleatore a 32 40 fori

Questa da donna presenta però cerchioni da 26 3/8, e carterone avvolgente.

Il tutto, conservato divinamente e corredato da un bell'impianto luce Regina anni 30.
La sella, galeotta, fu forse quella che la salvò da certa rottamazione.
L'impianto frenante , con leve esterne, presenta il curioso eccentrico per la frenata anteriore.

Purtroppo non ne conosco la storia, allora per me avere una bici così vecchia era solo una curiosità: ora credo che lascerei il Dingo al rottame e...caricherei le altre due!

giovedì 17 ottobre 2013

Legnano 1923, i miei primi 90 anni!

Presento quest’oggi una Legnano davvero molto vecchia, senza dubbio tra le più vecchie conosciute al momento ( numero di telaio 60000 circa).
Quando la vidi pensai alla mia da signora del ’25 e che questa sia del 1923, credo le andrà bene: insomma, in genere è sempre il marito ad esser qualche anno più stagionato, o no?

Conservatosi peraltro benissimo, questo maritino di casa  Bozzi: mozzi, pedivelle, cerchioni e manubrio, tutto originale.
Analizziamo con calma i particolari più ghiotti.
Il manubrio, presenta la particolarità delle leve esterne rivolte verso il guidatore, con un complesso sistema di rinvii per il freno anteriore.


Da notare anche come gli archetti poggino su due battute saldate al telaio, infulcrate direttamente dal bullone del gommino freno, il quale, conico, va a 

scorrere all’interno di essi in maniera sorprendentemente fluida.
Il patacchino è un omaggio allo stile Liberty imperante in quel periodo: 
Legnano- Bozzi, ma anche un po’ di rèclame alla Pirelli non guasta !

Felice periodo di pubblicità semi-occulta!
Manopole e manopolini sono in corno d’osso lavorato.
Le ruote sono da 28 x 1/3/8 , da 670 mm, montate su mozzi “Legnano” a 32 fori l’anteriore e 40 fori il posteriore.

La ruota libera è dell’inglese Perry con oleatore a lancetta.

I parafanghi sono a schiena d’asino.
Questa macchina nasce senza il carter catena, ma già in tempi antichi, forse 
addirittura negli anni ’20, è stato montato questo carter a pistola molto sottile che i meccanici chiamavano ”di riparazione”.

Esso consente di montare anche in presenza di guarniture da corsa, come questa, e garantire così adeguata protezione ai calzoni del pilota.
I pedali non sono quasi sicuramente gli originali, anche se sono quelli che ho trovato montati: a 6 gommini, bianchi, come la migliore tradizione Legnano.
Originariamente dovevano essere a sega in ferro, provvederò a montarli appena..li troverò!
Infine, la sella è una Mercurio in cuoio montata su molle: in pratica una transizione tra la moderna sella a molle che consociamo con copertina in cuoio o similpelle e quelle più antiche con corpo a riccioli.

Questa bici è stata, a mio avviso, rinfrescata da un ciclista molto bravo negli anni ’40, che ha provveduto a mettere anche una decal a coppale sul tubo discendente ( nell’anteguerra si usavano quelle piccole con Alberto da 
Giussano).

La patina del tempo ha fatto il resto ed oggi questa signora ( pardon, questo 
marito) porta con eleganza e fascino i suoi primi…90 anni!

lunedì 7 ottobre 2013

Copia d'Autore ( ignoto)



Lo ammetto: quando l'ho presa ieri , dopo un sonno di quasi 60 anni, il cuore mi è andato in gola.

Quella corona, ha acceso tutte le mie più recondite fantasie biciclare e anche il cascinaro se ne deve essere accorto, non mollando un centesimo di sconto sulla ruggine che andavo a caricarmi.

"I vecchi proprietari son andati a Mondovì nel '55, è stata vuota fino al '70 quando ho comprato io.In quella soffitta ci andavano le tortore e le galline a dormire, sarò salito salito venti volte se va bene in 40 anni.."

Vecchia è vecchia, assieme alla Prina del'30 che presenterò poi, fanno una bella accoppiata.

I mozzi sono tra i più grandi che abbia visto su una bici R e i cerchi sono strettissimi da corsa.

Ma soffermiamoci sul particolare che mi ha fatto sobbalzare: la corona con le 3 B!


Nodo stringisella, serie sterzo integrata, un tenue bluetto che sbuca da sotto la vernice: ho trovato una Bianchi !


E invece......NO!

Sulle pedivelle, non compare alcuna scritta e nonostante sul mozzo posteriore compaia una flebile scritta corsiva che pare essere il corsivo Bianchi...così non è!

 


Mi era già capitata una bici del genere nel garage di un appassionato, del tutto simile ad una bianchi..ma non Bianchi!

Il numero di serie, bassissimo, poi, indicherebbe proprio una produzione poco più che artigianale, forse non in concorrenza diretta con la casa Milanese, ma quel che basta per sviare quella..decina di clienti dall'acquisto di una vera Bianchi certificata, per una "copia" certamente meno costosa.


Immaginiamoci la scena.

Un contadino, o magari già un mezzadro, che vuole emanciparsi e desidera la bicicletta.

Che non deve mantenere come il cavallo, che non sporca ed è pure all'ultima moda.


Magari da corsa.

Ma costa troppo.

Magari di Marca, Bianchi, Stucchi o….

Troppi soldi.

Caro signore, ho quel che fa per lei.Guardi che meraviglia.Azzurrina, come le Bianchi da Corsa.Guardi l’ingranaggio, identico, non per nulla costa un patrimonio farcelo arrivare dalla Lombardia.

E che mozzi, con grandi sfere per uno scorrimento ottimale.
 
 

Ora, signore, guardi questa Bianchi, autentica: è praticamente identica, non trova? Ebbene, io gliela vendo alla metà del prezzo, è o non è un affare? E proprio perché e lei, anche una bella sella da viaggio e un chiarino in vetro posteriore..ma venga con me in ufficio davanti ad un caffè discuteremo meglio.,..”
 

Se non proprio in questo modo, così mi immagino l’ipotetica vendita di questa bici, che se per qualche minuto ha tratto in inganno un fiutatore di ruggine par mio, avrà potuto sviare l’attenzione di qualche ciclista di…anta anni fa!

I forcellini posteriori sono corsaioli così come i cerchi delle ruote da 25 mm utili anche per copertoncino.
 

I parafanghi, a schiena d’asino, sono dello stesso colore del telaio, azzurrino , mentre l’ultima porzione di quello posteriore è ricoperta del bianco panna obbligatorio dal ‘39in poi.

Come dicevo, serie sterzo molto simile alle Bianchi, anche se i freni fascettati a bacchetta montati dalla Grande casa erano ben diversi da questi , tipicamente “del commercio”.
 

Sui mozzi non compare più alcuna scritta, forse una flebile “Invicta” sul mozzo posteriuore ( atutta prima mi era parsa la scritta Bianchi!) ma di questo non son sicuro.

Pedivelle e movimento centrale tacciono ( per sempre).
 

In definitiva, pur non essendo la bici che subito mi era parsa, rappresenta comunque un bell’esempio se non di plagio, quantomeno di “copiatura” di alcuni particolari di pregio che consentivano di competere a livello artigianale e di bassa diffusione con le Case ben più blasonate ma, purtroppo, anche più care.

Un po’come capiterà decenni più avanti con Fiat/Seat , Vespa/Chetak ..etc.

mercoledì 2 ottobre 2013

Taurus 27, roba da sgnuri.


Doveva essere gente ben ricca oppure solo col buon gusto per comprare una bici del genere nel bel mezzo della piana cuneese.

Sì che da quelle parti soldi ne giravano e ne girano ancora, ma nel Parco Bici al massimo qualche Dei o una Bianchi Real ad andare bene, usata poi negli anni della moto e della macchina dai mezzadri a bagnare campi oppure a poltrire in soffitta.

Proprio questa fine fece questa verde Taurus, mi dicono modello 27, una rarità nella mia provincia come un suonatore tirolese alle Bermuda.
 

Eppure ci è arrivata, subito dopo la guerra, a tenere compagnia alla Bianchi Scettro che presenteremo poi.
 

La nipote del primo e unico proprietario se la ricorda da piccola, nei primi anni 60, quando imparò ad andarci sopra con la gamba sotto alla canna, ( ai tempi le bici da bimbo erano un giocattolo considerato ozioso ed inutile, roba da signorotti di castello, meglio andare subito con le bici “vere”, se ci si fa male si impara prima come è davvero la vita).
 

Dalla cascina del 700 ben affrescata si andava in paese, che sta giù nella conca e me la immagino sotto i portici umidi di autunno, mentre i vecchi discutono nelle mantelle e poppano i toscani tra i baffi ingialliti, dicendo che “prima della guerra, si che era un’altra cosa..”

Vennero poi i tempi delle moto, delle auto a buon mercato, dei trattori per tutti  e molte sue colleghe finirono dimenticate.
 

Chi, come lei in soffitte calde e asciutte, chi dietro a portici a marcire, chi dirette al rottamaio.

E bene le andò, perché quasi sicuramente un uso intenso negli anni ‘70 e ‘80 non le avrebbero risparmiato la bella sella in crine marcata Taurus e anche la vernice , secondo me, sarebbe saltata qui e là per essere  poi magari coperta da qualche minio di cascina .
 

Non credo sarebbe arrivato a noi il bel gruppo luce Lince anni ’40 .
 

I pedali originali, almeno le gomme, li abbiamo salutati negli anni ’50,
 così come il padellino del carter e il mozzo posteriore, sostituito con uno più vecchio ad ingrassatore  dal buon ciclista Giubergia detto il “Novara” che feci in tempo a conoscere prima che se ne andasse da questo sporco mondo.
 
Adoro al finezza della regolazione catena sui forcellini posteriori, strettissimi e snelli, così come il sistema di frenatura posteriore tipico delle Taurus .
 

Sinceramente questa Taurus rappresenta una duplice vittoria per un cacciatore di vecchie bici par mio: uno, perché una Taurus è sempre una Taurus ed erano anni che ne cercavo una così.

Due, perché come dicevo da queste parti dire Taurus è come dire sesso in Chiesa, cioè nulla, non esiste

( credo ne abbiano vendute, ad essere ottimisti, una decina, questa è la prima che vedo e sento dopo centinaia di bici passatemi per le mani).
 

Nell’attesa del ripristino riposerà quieta in garage: dopo quaranta anni di soffitta un po’ di Mondo lo dovrà ben vedere!